Evitare di perdere!
(dalle pagg. 171-183 de Il risparmio tradito edizione 2009)
Il rischio inflazione
Agganciarsi al costo della vita
Esamineremo ora l'impostazione di chi vuole evitare a ogni costo qualunque perdita. Al riguardo alcuni affermano che tutti gli investimenti sono a rischio, in misura maggiore o minore. È un'impostazione troppo generica, come può risultare chiaro dai seguenti confronti fra rischio di morire e il c.d. rischio di default.
Probabilità |
Rischio di... |
|
incidenti mortali |
default, cioè insolvenza |
trascurabile |
passeggiando nel giardino protetto da un alto muro |
buoni fruttiferi postali titoli della Germania |
molto bassa |
prendendo un treno |
titoli di grosse società (Enel, Ubs...) |
più o meno elevata |
facendo parapendio volando su un ultraleggero ecc. |
obbligazioni di società o stati molto indebitati |
Passiamo dunque in rassegna i principali investimenti, inizialmente ragionando solo in termini monetari, cioè senza considerare l'inflazione.
- Azioni e derivati (warrant, future ecc.). In linea generale sono esposti al rischio di perdita anche del 100% di quanto investito. Nel caso poi per es. della vendita di contratti future la perdita può addirittura essere superiore, se rapportata al deposito a garanzia, ma si tratta di operazioni speculative che esulano dai normali impieghi del risparmio.
- Covered warrant e c.d. certificati (o, in inglese, Certificates). Espongono sempre a rischi di perdite, anche quelli la cui pubblicità lascia intendere che tal rischio non ci sia, come i Valuta Plus Certificates di Abn Arnro 2.
- Obbligazioni in valute estere. Si rischiano perdite sul cambio, non compensate da salite dei prezzi, anche se emesse da soggetti sicurissimi come la Bei, la Birs ecc. Vedi il -70% per le Bei 10,25% 2007-2010 in corone islandesi 3 dall'emissione all'autunno 2008, senza nessuna insolvenza né timori d'insolvenza dell'emittente!
- Obbligazioni in euro di banche italiane. L'insolvenza è molto improbabile, ma altri titoli si possono ritenere piu sicuri.
- Titoli di stato in euro italiani, tedeschi,francesi ecc. o di enti sovranazionali (Bei, Birs ecc.). Si può fare conto che interessi e rimborsi verranno pagati alle date e condizioni previste dal regolamento. Si è però esposti al C.d. rischio di prezzo, vendendoli prima della scadenza: può cioè accadere che uno incassi complessivamente meno di quanto ha investito.
I soli investimenti coi quali non si corre tale pericolo, con cui cioè non può capitare di perderci, qualunque giorno uno li liquidi, sono:
- Conti o depositi a vista. Si chiamano cosi perché permettono di ritirare in qualunque momento tutte le somme versate: conti correnti e libretti, bancari e postali, conti di deposito quali Conto Arancio, Santander, Chebanca ecc. In essi il capitale non varia mai, salvo aumentare per l'accredito di interessi.
- Buoni fruttiferi postali. Permettono il riscatto in qualunque momento ed è sempre garantito il capitale al 100% (vedi anche pagg. 187-188). Quindi è possibile sottoscriverli oggi e fare marcia indietro anche fra pochissimi giorni, al limite domani, sicuri di non rimetterci nulla. Ciò non vale per i titoli di stato, Bot compresi. A rivenderli dopo pochissimi giorni si perde facilmente uno 0,6% per le commissioni di acquisto e di vendita, proprio nell 'ipotesi che il prezzo sia rimasto invariato.
Resta da esaminare il rischio di perdite reali, ovvero al netto dell 'inflazione: si possono infatti avere gli stessi euro investiti e magari anche di piu, ma averci rimesso in termini di potere d'acquisto.
Il rischio inflazione
Escludendo i casi di fallimento di un emittente, di una banca o addirittura di crollo dell 'intero sistema fmanziario, il pericolo piu grave per un risparmiatore è l'inflazione. Essa può decurtare fortemente e addirittura polverizzare il potere d'acquisto di quanto investito in titoli di stato, obbligazioni, depositi bancari ecc. li caso piu noto nella storia è l'iperinflazione nella Germania della Repubblica di Weimar, ma è possibile subire gravi danni anche in scenari meno catastrofici. Basta traversare un periodo di tassi reali negativi, cioè di rendimenti che non coprono la perdita di potere d'acquisto della moneta (vedi Cap. 19).
- Messe nel 1972 in titoli di stato, 100 lire dopo dieci anni si erano ridotte a 30,8 lire in potere d'acquisto, malgrado il continuo regolare pagamento e reimpiego di tutti gli interessi.
Quasi un -70% reale pur senza nessuna insolvenza, ossia senza nessun default, com'è di moda dire adesso.
- Un risparmiatore prudente, che nel 1967 aveva stipulato una tipica polizza previdenziale, nel 1992 ricevette 33 lire ogni 100 versate, sempre ragionando in potere d'acquisto. Un -67% reale pur senza nessun crac della compagnia di assicurazione.
Con l'euro il rischio che ciò si ripeta è molto minore, ma non si può escludere. Sicuramente non lo escludono le assicurazioni o i fondi pensione, visto che nessuna e nessuno lo copre, salvo al massimo per pochi anni. Ma se le vicende economiche sono sempre in larga misura imprevedibili, in compenso qualcosa si può dire su come reagiscono i differenti investimenti nel caso di una recrudescenza dell' inflazione.
- Impieghi a breve termine. Una delle strategie difensive piu seguite è limitarsi agli investimenti a breve termine. Con Bot, pronti contro termine, conti di deposito ecc. si evitano le perdite in conto capitale che colpiscono in tali frangenti il reddito fisso. Ma questo a volte non basta. Chi nel 1974 aveva Bot si ritrovò a fine anno in potere d'acquisto con -13,1 %; nel 1980 con -5,4%. Ma anche nel 2003 o nel 2005, tolta l'inflazione e le commissioni di sottoscrizione, i Bot annuali resero -0,3%. Non offrono nessuna garanzia prodotti come i Certificates sul tasso C.d. eonia, tasso cui le banche si prestano denaro da un giorno all' altro, contrariamente a quanto scrive per es. il Mondo (3-5-2008 p. 48). Nicola Francia di Abn Amro ha un bel dire che il suo «certificato [ ... ] supera abbondantemente l'attuale tasso d'inflazione. E se l'inflazione e tassi dovessero salire, anche l'eonia salirebbe». Questo è tutto da vedere e comunque non è garantito, oltre ai rischi di un crac di Abn Amro 6.
- Reddito fisso. All'aumento dell 'inflazione si accompagna di regola quello dei tassi nominali d'interesse, che abbatte il valore dei titoli già in circolazione. I piu esposti ai colpi bassi sono quelli a cedola fissa, come i buoni del tesoro poliennali (Btp). Meglio in quest' ottica per es. i certificati di credito del tesoro (Cct). Grazie all'aggancio ai tassi dei Bot, è probabile che le cedole stiano dietro agli eventuali aumenti dei prezzi. Probabile ma non certo: abbiamo visto che a volte i Bot rendono meno dell'inflazione. Diverso il discorso per i cosiddetti titoli reali, che vedremo pitI avanti.
- Immobili. Negli ultimi decenni in Italia gran parte degli immobili hanno mantenuto, almeno in larga misura, il loro valore in termini reali. Non è detto che sarà cosi in generale anche in futuro, soprattutto per motivi demografici, e tanto meno è sicuro che ciò valga per il particolare immobile (appartamento, garage, terreno agricolo ecc.) che uno compra e per qualunquè periodo di possesso, anche per i costi e le imposte di acquisto e rivendita.
- Beni rifugio: oro, diamanti ecc. L'unico che può avere un qualche senso è l'oro, ma non c'è nessuna garanzia che l'investimento non si concluda in perdita, come è capitato pitI volte in passato e in particolare ancora nel 2008. I diamanti invece sono, come investimento, da evitare con la massima cura.
- Azioni. Non offrono nessuna garanzia. In certi periodi andò relativamente bene, per es. a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, in altri fu un disastro, per es. con l'alta inflazione accompagnata dalla stagnazione economica, la cosiddetta stagflation. Nel 1974, mentre il costo della vita era aumentato del 25%, Piazza Affari fece -29% nominale ovvero un -46% reale. Solo la tipica infatuazione confindustriale per la Borsa può far dire a Isabella Bufacchi che le azioni «rappresentano una protezione contro l'aumento degli indici dei prezzi» (Sole 24 Ore, 4-10-2002 p. 39).
Quanto osservato per le azioni, vale per tutte le alternative elencate: in particolari periodi, magari anche lunghi, pure fondi e polizze a volte hanno battuto l'inflazione. Sempre pronti a ingannare i loro clienti, molti gestori e assicuratori si sono fatti belli, attribuendosi il merito di «avere garantito rendimenti superiori all'inflazione». Spesso sono anche riusciti a farlo credere grazie alla claque del risparmio gestito, ben incardinata nei posti chiave del giornalismo economico italiano. Invece era semplicemente andata bene, senza che ci fosse una qualche garanzia al riguardo, e infatti in altri periodi il risparmio gestito e la previdenza integrativa hanno condotto a pesanti perdite reali. Chi vuole assolutamente garantito il potere d'acquisto dei propri risparmi deve muoversi in un' altra direzione.
Agganciarsi al costo della vita
Per fortuna un risparmiatore che voglia cautelarsi dal rischio inflazione ha ormai a portata di mano alcune valide soluzioni. Sono i titoli indicizzati non a variabili finanziarie, quali sono i Bot o l' euribor, bensi al costo della vita.
Tradizionalmente sono detti titoli reali, ma da un po' è invalso l'uso di chiamarli inflation linked, Se infatti non fa sfoggio di pseudo-cultura finanziaria con espressioni inglesi, un gestore o giornalista economico si sente un verme. In particolare esistono da alcuni anni:
- titoli di Stato, fra cui in particolare gli italiani Btp-i con durate 7 fino al 2035;
- buoni fruttiferi postali indicizzati all'inflazione italiana di durata decennale (a partire dal 2006 con le serie Il, 12 ecc.);
- obbligazioni emesse da banche o altre società private con durate e forme d'indicizzazione diverse.
La tabella seguente riporta le principali caratteristiche di tali titoli:
titolo |
costo della vita |
indicizzazione all'inflazione del... |
reinvestimento degli interessi |
rischio di prezzo |
|
|
capitale |
tasso d'interesse |
|
|
titoli di stato |
principalmente area euro |
si |
no |
no |
si |
buoni fruttiferi postali |
Italia |
si |
no |
si |
no |
obbligazioni societarie |
area euro o Italia |
in genere no |
in genere si |
no |
si |
Quasi tutte le obbligazioni private hanno cedole agganciate all'inflazione, mentre il capitale non varia. Invece coi Btp-i (e simili) e i buoni postali il capitale cresce in parallelo col costo della vita. In compenso è piu basso il tasso degli interessi, dai primi pagati una o due volte l'anno, dai secondi reinvestiti in automatico.
Solo i buoni postali però danno diritto in qualunque momento al rimborso di quanto versato, normalmente maggiorato di interessi e rivalutazioni. Quindi Btp-i, Oat-ei ecc. in prospettiva (ovvero se tenuti fino alla scadenza) rendono di piu, ma espongono al rischio di perdite, se venduti prima.
Già solo per la mancanza di trasparenza sono da evitare i fondi specializzati, che mandano in sollucchero i giornalisti economici. Vedi l'articolo «Fondi, le scialuppe antinflazione» di Francesca Monti, la quale si guarda bene dall'informare i lettori che solo i titoli reali garantiscono per regolamento un rendi mento superiore all'inflazione, i fondi no (CorrierEconomia, 25-10-2004).
Hanno poi poco senso gli Etf (Exchange traded fund) rivolti ai titoli reali, di cui alcuni hanno denominazioni cosi complesse da lasciare interdetti. Come può uno mettere a cuor leggero i propri soldi in una roba che si chiama Deutsche Bank x-trackers ii iboxx global inflation-linked total return index hedged 8? Sbaglia inoltre Alberto Fuso di Norisk quando afferma di un Etf che «garantisce nel lungo periodo il potere d'acquisto del capitale», cosa che il giornalista del Sole 24 Ore prende per buona, senza obiettare nulla (Pietro Balducci, 31-10-2005 p. 49). In realtà una tale garanzia non è scritta da nessuna parte.