Il risparmio tradito ® a cura di Beppe Scienza
Perché evitare risparmio gestito e previdenza integrativa

Il Risparmio Tradito ® a cura di Beppe Scienza
Perché evitare risparmio gestito e previdenza integrativa

Il risparmio tradito ®

Investimenti diversificati

(dalle pagg. 200-204 de Il risparmio tradito edizione 2009)

La diversificazione, in grande e in piccolo

Peccati di presunzione

Bot, pronti contro termine, fondi monetari ecc.

Reddito fisso: titoli di stato e obbligazioni

Tre modi per investire in Borsa

Gli Exchange traded fund (Etf) azionari

 

La diversificazione, in grande e in piccolo

Finora abbiamo visto soprattutto le soluzioni che offrono la massima sicu­rezza, in termini monetari e anche in potere d'acquisto. Ma non è assurdo accettare il rischio di rimetterci in qualche caso, nella prospettiva di ottenere risultati complessivamente superiori. In tale impostazione un risparmiatore non spericolato vorrà però almeno evitare di perdere tutto o quasi. Per esclu­dere tale eventualità, suddividerà il proprio patrimonio fra piú cespiti con pro­spettive diverse: in termini tecnici non correlati o, meglio ancora, anticorre­lati. È infatti ragionevole partire dall'ipotesi che...

  • l'andamento futuro delle singole alternative è incerto;

  • sono probabili esiti divergenti, nel senso che alcune andranno bene e altre male.

Cosí, mettendo ad esempio metà in immobili e metà in Btp, titoli di stato a tasso fisso, uno può aspettarsi che...

  • se il costo della vita rimane sotto controllo o addirittura scende, gli immo­bili non aumenteranno ma guadagnerà bene coi Btp;

  • se l'inflazione sale, coi Btp ci rimetterà, perché renderanno troppo poco, ma in compenso andranno bene gli immobili.

Dunque con l'accoppiata immobili-reddito fisso è improbabile perdere su en­trambi i fronti: proprio questo è l'obiettivo della diversificazione. Bisogna solo non lasciarsi imbrogliare da chi la usa come pretesto (vedi Cap. 20) per rifilare prodotti comunque da evitare: gestioni in fondi, fondi immobiliari, diamanti ecc.

Cosí pure è una frottola per es. che sia piú sicuro affiancare obbligazioni ban­carie italiane ai Btp, Cct ecc. ed era un imbroglio il consiglio delle banche di sottoscrivere i loro certificati «per diversificare e non tenere tutto in Bot». Nel­l'eventualità, per altro difficilmente immaginabile, di un'insolvenza dello Stato anche le banche ne verrebbero travolte.

Comunque il risultato finale complessivo dipende in genere dalla specifica ripartizione del proprio patrimonio fra i diversi comparti d'investimento, cioè dalla c.d. asset allocation, piú che dalle singole scelte all'interno di essi. Nessuna regola obiettiva ci dice però quali percentuali destinare a reddito fisso, azioni e immobili. Sono ragionevoli ad esempio le tre ipotesi seguenti, ma pure altre.

Come ripartire il proprio patrimonio


ipotesi Aipotesi Bipotesi C
Reddito fisso60%25%70%
Azioni0%25%15%
Immobili40%50%15%

Quasi tutti i giornalisti e i pretesi esperti del settore ripetono alla nausea che a lungo termine le azioni rendono di piú delle obbligazioni. Ma è falso che sia andata regolarmente cosí e soprattutto non è detto che sarà cosí in futuro. Oltretutto nulla esclude che a una serie di crolli di Borsa ne seguano altrieIn realtà dietro a tutte queste insistenze ci sono gli interessi del risparmio gestito e della Confindustria, che controlla il Sole 24 Ore. Del primo, perché con le gestioni azionarie raschia piú quattrini ai clienti; della seconda, perché l'esaltazione dell'investimento azionario aiuta a raccogliere soldi fra i rispar­miatori in cambio di azioni di minoranza, prive di ogni potere.

 

Peccati di presunzione

È bene porsi obiettivi realistici, come per es. mirare ai risultati dei mercati dove s'investe. Ciò significa fare il 20% con le azioni italiane, se nello stesso periodo Piazza Affari ha reso il 20%, e viceversa un —20%, se è scesa in tale misura. Può sembrare un obiettivo di minima. Fatto sta che la stragrande mag­gioranza dei risparmiatori ottiene invece meno, perché si affida al risparmio gestito, i cui deficit di gestione sono ampiamente documentati.

E difficilissimo fare meglio dei mercati con regolarità e non solo qualche volta per caso. Pecca quasi sempre di presunzione chi crede di sapere uscire in tempo dalla Borsa, prima che i corsi crollino. O di spostarsi sui titoli a tasso variabile, prima che i tassi salgano.

Un risparmiatore prudente deve rifuggire dall'impostazione di libri del Sole 24 Ore quali "Come guadagnare in borsa con Internet" di Renato Di Lorenzo che promette di insegnare «le tecniche specifiche del trading veloce: come com­prare e vendere azioni in giornata». Anziché arricchirsi, rischia di dissanguarsi a furia di pagare commissioni d'intermediazione. Né può sperare che sia cosí facile "Guadagnare in Borsa", come induce a credere il titolo di un libro di Fabio Magrino, che riprenderemo in esame piú avanti (vedi pag. 197). Ugual­mente illusoria è la promessa de "Il piccolo libro che batte il mercato aziona­rio" di Joel Greenblatt, Chw Edizioni, 2007, libro invece apprezzato e consi­gliato da giornalisti confindustriali (Sole 24 Ore, Plus24, 8-12-2007 p. 31).

Uno strumento per chi mira a risultati allineati a quelli di singoli mercati finanziari sono gli Exchange traded fund (Etf), una particolare categoria di fondi comuni a gestione cosiddetta passiva, che vedremo meglio piú avanti.

 

Bot, pronti contro termine, fondi monetari ecc.

Gli investimenti a breve termine e gli impieghi a vista sono ritenuti molto si­curi, cosa in parte vera e in parte no. Lo sono rispetto alla salita dei tassi d'in­teresse, perché nel giro di pochissimo tempo il denaro è liquido e può essere reimpiegato a tassi piú alti. Però non proteggono nei confronti dell'inflazione: dovesse di nuovo impennarsi, gli investimenti indicizzati al costo della vita (buoni postali indicizzati, Btp-i ecc.) non sarebbero piú disponibili o si tro­verebbero a condizioni molto peggiori.

Esistono vari impieghi a vista: i conti correnti e libretti, bancari o postali, e i c.d. conti di deposito (Conto Arancio, Santander, Chebanca, Rendimax ecc.). Di regola questi ultimi offrono tassi piú alti e non vengono offerti agli sportelli, bensí su Internet o al telefono. Le principali soluzioni con la durata invece di qualche mese o un anno sono...

Buoni ordinari del tesoro (Bot).

Per un italiano sono l'investimento principe fra quelli a breve termine. Il problema è evitare i fenomeni di assuefazione, di cui è vittima chi li rinnova per anni e anni di seguito. In tale impostazione convengono i certificati di credito del tesoro (Cct): s'incassano maggiori interes­si, grazie al cosiddetto spread rispetto ai Bot, e si pagano meno commissioni d'intermediazione, non dovendo reinvestire il capitale una o piú volte l'anno.

Pronti contro termine

Sono una formula complessa, studiata per aggirare la ritenuta del 27% sui depositi o libretti vincolati, ad essi equivalenti da un punto di vista finanziario. Con un pronti contro termine l'investitore acquista titoli a reddito fisso pagandoli subito (ovvero a pronti) e con­giuntamente li rivende, fissando però che incasserà la cifra convenuta e li riconsegnerà dopo qualche mese (cioè a termine). Ne risulta cosí un ren­dimento tassato solo al 12,5% anziché al 27%.
La somma investita resta però vincolata per tutta la durata dell'impiego e questo è il principale difetto rispetto ai Bot, che invece si possono realizzare in qualunque momento.

Acquisto di titoli vicini alla scadenza

Nel caso di Btp, Cct ecc. i rendi­menti sono allineati a quelli dei Bot. Nel caso di obbligazioni societarie possono essere molto superiori, con però rischi diversi. Vedi per es. le General Electric 5,125% 4-3-2009 in euro, comprate a 96 quattro mesi prima: un rendimento netto del 5% non annualizzato e quasi del 16% su base annua, ma qualche patema d'animo nell'attesa del rimborso.

Bisogna poi stare molto attenti coi...

Fondi comuni monetari.

In linea di massima sono pericolosi come tutto il risparmio gestito. Lo hanno sperimentato sulla propria pelle i clienti dei fondi monetari Parvest Dynamic Abs, Paribas Abs Euribor e Paribas Abs Eonia, che se li sono visti congelare a inizio agosto 2007 dopo il crac dei titoli subprime. Alla faccia dell'investimento liquido perché a breve ter­mine, sicuro perché gestito dai professionisti del risparmio! Resta sempre vero che il partecipante a un fondo comune non può sapere che rischi corre.

Certificates

o certificati legati a tassi d'interesse quali l'euribor o l'eonia. Hanno scadenze piú lunghe del breve termine il che implica rischi di prezzo, cui si aggiungono quelli di insolvenza. Ciò vale ad esempio per i Valuta Plus Certificates di Abn Amro, esaminati altrove in dettaglio.

 

Reddito fisso: titoli di stato e obbligazioni

A parte gli investimenti a breve, le prime soluzioni da prendere in considerazio­ne per un risparmiatore in Italia sono i certificati di credito del tesoro (Cct) e i buoni del tesoro poliennali (Btp), i primi a tasso variabile e i secondi a tasso fisso. Sono comunque meglio dei fondi comuni obbligazionari che, da quando esistono (1985), hanno regolarmene reso meno (vedi Cap. 4). Poiché ciò dipende da motivi strutturali, è scontato che sarà cosí anche in futuro salvo qualche inter­vallo di tempo particolare. Prescindendo dai prestiti legati all'inflazione, una buona strategia per un privato è rivolgersi appunto ai Cct e Btp. Volendo diver­sificare può sceglierne alcuni brevi e alcuni lunghi. Facilita ciò il taglio minimo di tali titoli di 1.000 €.

Tutto ciò non significa che Cct e Btp siano il non plus ultra. Ma per chi non abbia specifiche competenze in materia, è difficile scovare qualcosa che renda di piú e non sia troppo pericoloso. Viceversa è molto facile ritrovarsi sul grop­pone titoli peggiori. Banche e venditori porta a porta sono allenatissimi a piaz­zare obbligazioni di seconda e terza scelta.

Se poi uno ha timori sulla solvibilità dello Stato italiano, può comprare titoli pubblici tedeschi o francesi, con rendimenti di regola un po' inferiori, ma fa­cilmente accessibili perché quotati alla Borsa italiana nel segmento Euromot. La combutta del risparmio gestito racconta, e fa ripetere ai giornalisti al suo servizio, che è norma di prudenza diversificare valutariamente i propri inve­stimenti. L'obiettivo è accalappiare clienti, inducendoli ad affidarsi a una gestione a causa delle difficoltà che presenterebbero i titoli in valuta estera. In realtà non è affatto imprudente tenere tutto in euro.

Esistono anche Etf obbligazionari e in particolare parecchi rivolti ai titoli di stato, ma hanno poco senso. Le commissioni di gestione sono basse, ma non ripagate da vantaggi significativi. Avere in portafoglio Etf, anziché direttamente titoli a reddito fisso, espone comunque a qualche rischio aggiuntivo, seppur minino.

 

Tre modi per investire in Borsa

Possedere azioni non è obbligatorio. Si può farlo, ritenendo probabile che alla lunga rendano piú di obbligazioni e immobili, ma di certo potrà anche capi­tare il contrario. Per ridurre il rischio di perdite rovinose è opportuno evitare di puntare su pochi titoli. Piú in generale ha senso — anche in ambito aziona­rio — mirare a risultati allineati a quelli medi di mercato.

La cosa è facile per i gestori di fondi comuni, fondi pensione ecc., privi per­ciò di scusanti per le loro performance regolarmente inferiori (vedi Cap. 4). Ma per un normale risparmiatore non è proponibile l'acquisto di tutte le azioni nelle giuste proporzioni. Per cominciare si può allora prendere a riferimento non l'intero listino azionario, bensí i principali titoli, individuati da specifici indici di mercato: S&P/Mib per l'Italia, Dax per la Germania, Cac 40 per la Francia, Dow Jones Euro Stoxx 50 per l'area dell 'euro, S&P500 per gli Stati Uniti ecc. Già cosí si ottiene un'ottima diversificazione.

Si tratta poi di decidere quale percentuale del proprio patrimonio si intende mettere in Borsa (per es. il 10%), dopo di che si può procedere in tre modi.

Etf azionari

particolari valori mobiliari che, salvo alcune eccezioni o meglio degenerazioni, sono congegnati in modo da produrre rendimenti perfet­tamente allineati a quelli di particolari mercati finanziari o, piú precisamente, di specifici indici di tali mercati. vedi in dettaglio

Replica diretta dell'indice.

Si acquistano le azioni del paniere nelle rispettive proporzioni. Ciò richiede un certo impegno ed è praticabile solo per indici non troppo estesi. Operando on line, cosa fattibile senza difficoltà per le azioni italiane, i costi sono bassi e anche inferiori a quelli di un Etf. Bisogna però stare dietro alle operazioni sul capitale e alle variazioni della composizione dell'indice.

Utilizzo non speculativo di contratti future.

Tale soluzione richiede meno lavoro, ma piú competenza. Prendiamo l'indice S&P/Mib nelle 40 principali blue chip italiane. Per ragionare su un esempio concreto, ipotizziamo che valga 10.000 punti. Chi compra un future su di esso e in particolare un MiniFib (Denominazione esatta: Mini S&P/Mib Index Future), in pratica investe 10.000 € in Eni, Unicredit, Intesa, Generali, Enel, Telecom, Fiat ecc. e otterrà risultati perfettamente allineati a tale paniere di azioni.

Né deve ingannare l'addebito sul conto pari non all'intera cifra, il c.d. sot­tostante, ma solo a una percentuale di essa (per es. il 14,5%). Quindi nella nostra ipotesi non sarebbe 10.000 € ma solo 1.500 € circa. Si può procedere analogamente anche per le principali 50 azioni europee, le 40 tedesche, le 500 americane ecc.

Volendo tenere stabilmente un certo capitale in azioni, si rinnoverà il future (o i future) a ogni scadenza trimestrale, che sia salito o che sia sceso, salvo ovviamente che uno decida di smettere. La soluzione è buona in termini fiscali, ottima per i costi, ma presuppone una certa dimestichezza con gli strumenti finanziari.

Anche nell'ambito dei Certificati e dei Covered warrant esistono titoli che permettono di puntare sui principali indici di Borsa, emessi in particolare da Unicredit, Deutsche Bank, Banca Aletti, Abn Amro. Ma si tratta di valori mo­biliari che contengono opzioni, ovvero gli strumenti finanziari per loro natura piú pericolosi e piú difficili da valutare. Quindi un risparmiatore prudente li eviterà con cura e, se vuole investire in azioni, lo farà con una delle tre solu­zioni esposte. Infatti anche servendosi di un future non c'è nessuna compo­nente c. d. opzionale, purché si prenda a riferimento il sottostante e non il de­posito a garanzia.

 

Gli Exchange traded fund (Etf) azionari

Sono la soluzione piú comoda per investire in modo diversificato nelle prin­cipali azioni di un mercato azionario, perché non è richiesto nessun particola­re impegno o competenza. Comprando e tenendo in portafoglio Exchange tra­ded fund (Etf) si ottengono risultati allineati, nel bene e nel male, a quelli del rispettivo indice di Borsa (vedi tabella di pag. 196) e dunque regolarmente di piú che col risparmio gestito.

A questo proposito conviene non lasciarsi ingannare da fondi italiani che ripor­tano nella loro denominazione la parola «indice», perché è solo una bella eti­chetta. Vedi Cisalpino Indice e Padano Indice Italia, che nel 2000 resero il +3,2% e il -2,7% a fronte del +6,2% netto della Borsa italiana ". Il risparmio gestito italiano è davvero la fiera degli equivoci. Vantaggi degli Etf azionari sono...

  • costi periodici normalmente inferiori allo 0,50% l'anno;
  • commissioni di compravendita analoghe alle azioni, anziché le pesanti gabelle di ingresso o uscita di parecchi fondi comuni;
  • tagli minimi bassi.

Un risparmiatore saggio si limiterà a quelli rivolti agli indici di Borsa piú diffusi, di cui la tabella seguente riporta i più significativi per un investitore italiano. In base al principio che conviene rifuggire dagli investimenti compli­cati, sono da evitare quelli cosiddetti di seconda o addirittura terza genera­zione quale ad esempio Lyxor Wise Quantity Strategy, apprezzato invece dal Sole 24 Ore e da Milano Finanza, del cui complicatissimo funzionamento fac­ciamo grazia ai lettori.

Alcuni Exchange Traded Fund (Etf) quotati in Italia

mercato azionario

numero di titoli

nomedell'Etfcommissioni
Italia40LyxorEtf S&P/Mib0,35%annuo
Europa, solo paesi dell'euro50IsharesDj Euro Stoxx 500,15%annuo
Europa50IsharesDJ Stoxx 500,35%annuo
Europa350CasamEtf S&P Europe350 Fund0,35%annuo
Stati Uniti500IsharesS&P 5000,40%annuo

Perulteriori informazioni e aggiornamenti vediwww.borsaitalia.it

Già prima del loro approdo alla Borsa Italiana il 30-9-2002, esistevano parec­chi Etf, fra cui in particolare le Spy 16 quotate in America, che dal 1993 repli­cano l'indice Standard & Poor's 500. La stampa estera, anche quella non spe­cializzata, le segnalò ai suoi lettori: vedi il solito Der Spiegel che spiegava (n. 16, 17-4-2000 p. 83) che erano preferibili agli stessi fondi indicizzati. Perché allora il Sole 24 Ore nemmeno le citò nell'elenco delle «diverse strade che si aprono per chi decide di entrare nel mercato americano» (23-7-2000 p. 15), proponendo invece solo fondi comuni? Due sono le spiegazioni possibili:

  • o i giornalisti confindustriali ne ignoravano l'esistenza;
  • o le conoscevano, ma non ne parlavano, perché in concorrenza spietata con l'industria italiana del risparmio gestito.

Nel primo caso dovremmo concludere che scrivono su argomenti che non conoscono. Nel secondo che la loro prima preoccupazione non è informare i lettori, i quali cosí ci hanno pesantemente rimesso. Infatti per es. nel periodo che abbiamo esaminato (vedi pag. 41 del libro "Il risparmio tradito") le Spy, non penalizzando gli investi­tori con continui deficit di gestione, resero di piú di tutti i fondi italiani spe­cializzati sulle azioni americane; e persino il 100% in piú.


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L'ultimo libro di Beppe Scienza
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