Su Open il 27-11-2024 «Vi spiego perché l’educazione finanziaria in Italia è al servizio di banche e assicurazioni», intervista a Beppe Scienza di Alessandro D’Amato. Con altre notizie e commenti: non è una ripetizione dell’articolo sul Fatto Quotidiano del 25-11-2024.
I soldi, il tempo e il mercato finanziario
Investimenti e finanziamenti si ritrovano, a volte con caratteristiche simili a quelle attuali, anche in epoche storiche passate.
La stessa matematica è sorta e si è sviluppata anche per analizzare realtà economiche e finanziarie: la geometria per misurare terreni (dunque beni immobili) e l'aritmetica per operare col denaro e in particolare con prestiti a interesse (dunque investimenti finanziari).
I problemi che si presentano a chi deve prendere una decisione finanziaria derivano da due realtà e dal loro incontrarsi in una terza:
«Dicono che lui (Talete di Mileto), essendosi reso conto con osservazioni astrologiche che ci sarebbe stato un abbondante raccolto di olive, quando ancora era inverno, mise insieme una piccola somma di denaro e distribuì delle caparre per tutti i frantoi di Mileto e di Chio, che affittò a buon mercato perché nessuno offriva di più. E quando giunse il momento del raccolto e ci fu una grande richiesta di frantoi, contemporanea e improvvisa, li cedette alle condizioni che voleva lui e gudagnò molto denaro.»
Questo riferisce Aristotele nella "Politica".
Facciamo un salto di oltre 2000 anni. Nell'ottobre 1984 i warrants sulle azioni Fiat privilegiate valevano circa 600 lire l'uno. Basandosi non sull'osservazione degli astri, ma sulla previsione del miglioramento dei conti aziendali, dell'impatto sulla borsa italiana dei neonati fondi comuni d'investimento ecc., qualcuno comprò appunto dei warrants Fiat privilegiate, ad esempio 5000 warrants con una spesa complessiva di circa 3 milioni. Ebbene, dopo poco più di un anno e mezzo, nel maggio 1986, quei warran'ts valevano ben 50 milioni, in conseguenza dell' aumentata quotazione delle azioni Fiat.
A più di duemila anni di distanza, c'è ancora qualcosa di comune nelle due operazioni. L'obiettivo di Talete non era di disporre di frantoi al momento della raccolta delle olive, ma quello di speculare sull'aumento del prezzo di mercato dell'affitto dei frantoi. Così le sterline d'oro non interessano, salvo casi limitatissimi, per essere incastonate in braccialetti, ma perché si spera di venderle a un prezzo maggiore di quello d'acquisto; ugualmente il fine di chi aveva acquistato warrants Fiat era l'aumento del loro valore e non tanto, in sé e per sé, il diventare azionista dell' azienda.
La problematica finanziaria è molto antica nella storia della civiltà: tornando indietro nel tempo di circa 4000 anni, è possibile ritrovare realtà che, senza esitazioni, sono da classificare come finanziarie e sono sostanzialmente uguali a realtà attuali.
In numerosi testi cuneiformi si legge di prestiti di grano a un interesse annuo di 12/60 di gur ogni gur prestato. Tenendo conto che il gur era un'unità di misura per i cereali e traducendo in termini percentuali il tasso d'interesse espresso in forma sessagesimale, scopriamo che il grano ricevuto in prestito doveva essere restituito con un interesse del 20%. Non ci troviamo però di fronte a movimenti dj denaro, bensì di un bene (di un bene "reale", direbbero alcuni).
La struttura dell'operazione è quella di un prestito a interesse, anche se il denaro non esisteva ancora e l'interesse era espresso come una frazione del bene prestato. Chi studia o colleziona vecchi titoli di credito sa inoltre come fossero comuni i prestiti in oro o in argento nei secoli passati (con gli interessi cioè a loro volta pagati in oro o in argento).
Cosa c'è di diverso rispetto a chi, all'inizio del 1982, versò 83,3 milioni di lire acquistando dei Buoni ordinari del Tesoro (BOT) a dodici mesi, cioè prestò allo Stato italiano 83,3 milioni per riceverne 100 dopo un anno? Pochissimo da un punto di vista finanziario.
In un caso si consegnava e dopo un anno si riceveva del grano (oppure oro o argento), nell'altro caso dei soldi, precisamente delle lire italiane. Ma in entrambi i casi l'accordo era che dopo un anno sarebbe stata resa una quantità maggiore e contrattualmente prefissata di ciò che si era ricevuto; in un caso complessivamente 6 gur di grano ogni 5 ricevuti e nell'altro 100 lire ogni 83,3 prestate. Il tasso d'interesse è addirittura lo stesso: incassando 100 lire ogni 83,3 date in prestito se ne ricevono 16,7 in più, che sono appunto il 20% in più.
Ma l'analogia fra la situazione dell'antica Babilonia e la realtà finanziaria dei giorni nostri non finisce qui. Una domanda che spesso ci si pone è quanti anni ci vogliono perché raddoppi un capitale investito a un certo tasso, supponendo di reimpiegare alla fine di ogni anno l'interesse incassato, sempre allo stesso tasso.
Ebbene, lo stesso problema si trova in un testo cuneiforme 2, dove un ignoto scriba aveva calcolato che al tasso del 20% annuo ci volevano 3 anni e circa 288 giorni: è lo stesso risultato che otterremmo ora considerando l'anno commerciale di360 giorni, come facevano già i Babilonesi. I BOT, i soldi depositati in banca, il mutuo che si riceve per l'acquisto di un alloggio ecc. sono casi particolari di un fenomeno economico comunissimo: lo scambio non di una merce contro dei soldi (io ti do 83,3 milioni e tu mi dai quell'appartamento) né di due merci (come in un baratto internazionale di petrolio greggio in cambio di fertilizzanti chimici) né di una valuta con un' altra (lire italiane in cambio di franchi francesi), bensì lo scambio di un certo impporto di soldi oggi con un importo maggiore a una data futura (o anche più impo a più scadenze future).
Importi a date diverse da mettere in qualche modo in relazione: confrontarli, sommarli ecc. Questo è il nocciolo dei problemi finanziari, oggi come 4000 anni fa.
Un esempio sono i prestiti, la relazione che intercorre fra i vari importi a date diverse dipende anche dal tasso d'interesse concordato. La misura degli interessi convenuti fra chi concede un prestito e ' chi dovrà restituirlo fra un giorno o fra 60 anni è influenzata da una molteplicità di fattori:
Un certo tasso d'interesse annuo, per esempio il 20%, può essere offerto da uno Stato, come nel caso dei BOT emessi nel gennaio 1982, e non sembrare al momento troppo conveniente. Lo stesso tasso del 20% annuo sarebbe parso invece uno strozzinaggio negli anni trenta. E sempre lo stesso 20%, in certi paesi sudamericani o in Israele in concomitanza con un'inflazione del 100% o anche più, sarebbe stato considerato risibile e addirittura impensabile come libero accordo fra le parti.
Siamo in grado di trarre alcune conclusioni: se entrate e uscite, costi e ricavi avvengono tutti alla stessa data, non ci sono problemi di tipo finanziario. Se invece si ha a che fare coi soldi e ·col tempo, sorgono allora delle difficoltà di tipo particolare.
Per essere precisi, conta l'impostazione che decidiamo di dare alla questione da affrontare: se acquisto della merce per rivenderla a breve termine, posso decidere di trascurare gli aspetti .finanziari, anche se il pagamento precede di parecchi giorni i successivi ricavi, qualora rispetto all'utile dell'operazione sia del tutto trascurabile l'interesse che potrei ottenere sulla somma impiegata.
Viceversa il mettere a disposizione del denaro, anche solo per 24 ore, può aver luogo proprio per l'interesse che se ne riceve: è il caso dei prestiti interbancari. La casistica delle situazioni in cui si voglia tenere conto delle date delle singole uscite ed entrate è molto ampia e variegata. Ecco due quesiti che esemplificano problematiche ben distanti l'una dall'altra:
Se si può prescindere dagli intervalli di tempo fra costi e ricavi, non ci sono problemi di natura finanziaria, ma solo di natura economica. In altri termini non si valica la linea di separazione fra i conti economici e i conti finanziari. II che è ammissibile solo quando, per un determinato soggetto, per un determinato importo e per un determinato intervallo di tempo non sarebbe possibile cedere la disponibilità di denaro liquido ricevendo in cambio un qualche compenso (sostanzialmente degli interessi).
Se presto 100.00 euro per due giorni, posso rinunciare a chiedere gli interessi: l'operazione di versamento sul mio conto corrente mi costerebbe di più degli interessi che ne otterrei. Ma se presto 1000.00 euro per un anno chiederò degli interessi, perché incomincia ad avere una certa importanza la rinuncia a quanto avrei anche solo lasciandoli in banca. Se presto dell'oro a un amico perché possa darlo in garanzia, posso rinunciare a un compenso, perché l'oro stesso non mi frutterebbe interessi (nei secoli passati invece erano possibili, anzi comunissimi, prestiti di oro con interessi corrisposti a loro volta in oro).
Nella nostra società è molto raro il caso che chi ha bisogno di liquidità riesca a ottenerla in prestito gratis. Ma se ci riportiamo a tempi in cui il prestito a interesse (propriamente a usura, ma il confine è labile) era proibito, abbiamo una realtà in cui-la disponibilità di denaro poteva (e moralmente doveva) non avere alcun costo.
A questo proposito è interessante notare che una delle ragioni addotte nel medioevo, in particolare dal Duecento in poi, dai teologi per giustificare il prestito a interesse, è proprio l'esistenza di impieghi alternativi, cioè la possibilità di ottenere frutti dall'impiego di denaro liquido. La tradizione scolastica definì alcune ragioni per l'usura moderata, e le prime due erano: «Il damnum emergens, l'apparizione inattesa di un danno dovuto al ritardo nel rimborso. Esso giustifica il percepire un interesse che non è più un'usura. E il luc'rUm cessans, l'impedimento di un profitto superiore legittimo che l'usuraio avrebbe potuto avere consacrando il denaro prestato a usura a un investimento più vantaggioso».
Entrate e uscite a date diverse non sono comunque sufficienti a definire in modo completo i problemi relativi ai soldi e al tempo: è indispensabile anche che esista un mercato finanziario. Non necessariamente una Borsa valori, o la realtà attualmente rilevantissima di fitti scambi di titoli, liquidità, impieghi a breve ecc. fra operatori finanziari, scambi che passano appunto fuori borsa.
È sufficiente che avvengano scambi abbastanza regolari. Si può già parlare di mercato finanziario, nella sua essenza più semplice e fondamentale, quando vi sono dei soggetti disposti a prestare un capitale liquido oggi con l'accordo di riceverne uno maggiore per esempio fra un anno. E vi sono altri soggetti disposti, pur di ottenere un certo importo liquido oggi, a impegnarsi a sborsare fra un anno una cifra maggiore di quella ricevuta. Tali scambi possono addirittura riguardare beni fungibili, anziché il denaro, e tuttavia presentare problematiche analoghe, come s'è visto per i prestiti di frumento a Babilonia.
Quando il mercato non esiste, o non è accessibile per chi non è del ramo, le conseguenze per l'investitore possono essere molto spiacevoli. Due esempi da manuale sono i diamanti e i tappeti persiani: alcuni li comprarono per investimento negli anni di alta inflazione e di boom dei cosiddetti beni rifugio, soprattutto il 1979 e 1980. Li comprarono anche perché si fidarono dell'impegno a riacquistarli assicurato, a 'voce, dal negoziante o da strani venditori porta a porta, nel momento in cui avessero voluto liquidarli. Alcuni promettevano addirittura una rivalutazione annua del 20%.
È chiaro, e con un po' di avvedutezza lo si sarebbe capito già allora, che si prospettava un tracollo. Appena fosse mutato il clima economico e finita l'ascesa vertiginosa dei prezzi di tali oggetti, prima alcuni poi moltissimi avrebbero voluto monetizzare i diamanti o i tappeti persiani. Come avrebbero potuto i negozianti ricomprarli? Da dove avrebbero tirato fuori i soldi e che se ne sarebbero fatti? Potevano forse rivendere i diamanti alla De Beers e i tappeti ai tessitori persiani?