«Quanto rende?» Domanda sbagliata
Decisioni e preferenze finanziarie
Valutazioni di redditività, giudizi sulla bontà di un investimento ecc... non hanno nessun senso se riferiti al presente.
Le valutazioni finanziarie necessariamente devono abbracciare un determinato intervallo temporale: per esempio dall'inizio di un investimento al momento attuale oppure - e sarà sempre tutt'altro discorso - da adesso a una certa data futura. Per il presente è possibile solo una descrizione della ricchezza reale (beni mobili e immobili) e di quella finanziaria (crediti e debiti) di una determinata persona, famiglia, azienda ecc.
La separazione tradizionale fra valutazioni per il passato e valutazioni per il futuro verrà integrata distinguendo:
Chiedendo informazioni su un investimento, ad esempio l'acquisto di un'obbligazione, viene spontaneo domandarsi innanzi tutto: «Quanto rende?». È necessario invece chiarire subito che di un investimento ci si può chiedere quanto ha reso e quanto renderà, ma non quanto rende. Lo stesso vale, con i dovuti adattamenti, anche per un finanziamento: ha senso solo chiedersi quanto è costato oppure quanto costerà.
Vi è forse un solo caso in cui ha senso parlare di un rendimento per il presente: si può infatti dire di un deposito bancario non vincolato che "oggi rende il 9%". Ma ciò significa appunto solo che oggi l'interesse corrisposto dalla banca sulla giacenza odierna è il 9% su base annua. Ciò che invece veramente interessa in una scelta d'investimento è quanto renderà in futuro.
Quindi, anche nel rarissimo caso in cui si può rispondere alla domanda «Quanto rende?» la risposta ha un interesse molto limitato. Limitato a un solo giorno, perché già il tasso di domani potrà essere diverso.
Fondi comuni d'investimento
Uno dei più pericolosi errori di impostazione nell'analisi finanziaria è il domandarsi "quanto rende" un investimento, anche perché spesso questa impostazione erronea viene instillata nella mente di chi ha denaro da investire. Caso tipico: quello dei fondi comuni d'investimento mobiliare. Un esempio macroscopico fu l'inserto di un notissimo settimanale economico dal titolo «Rapporto/guida sui fondi. Quali rendono di più» uscito nelle edicole proprio qualche giorno prima del crollo della borsa italiana del 20 maggio 1986
Perché è fuorviante, se non volutamente subdolo, il far credere che si possa stabilire «quanto rende un determinato fondo comune»?
Va innanzi tutto riconosciuto che un fondo comune è un investimento di cui è facile seguire con precisione, addirittura quotidianamente, l'andamento. Basta cercare sul giornale il valore della quota e il calcolo della performance per i fondi senza distribuzione di proventi è facilissimo: è sufficiente fare una divisione e poi sottrarre il numero uno.
Ma prendiamo un esempio proprio da quella pubblicazione: per lmicapital veniva riportata una performance al 28 marzo 1986 del 79% circa rispetto a un anno prima. Si poteva allora dire, o far intendere come insinuava il titolo di quel rapporto, che quel fondo "rendeva" il 79% all'anno? Nient'affatto. Si poteva e si doveva dire che quel fondo "aveva reso" nei dodici mesi precedenti il 79%. Ma un fatto è quanto un investimento ha reso nel passato e un'altra storia, magari ancor più positiva ma di tutt' altro genere, è quanto renderà nel futuro.
Il rendimento (o performance) di un fondo comune non è una sua caratteristica come il tasso d'interesse nominale di un Buono del Tesoro (per esempio un BTP al 9,25%) o la rata costante di un mutuo non indicizzato. II rendimento di un fondo comune è un dato valutabile solo per singoli periodi ben determinati: l'anno passato, i sei mesi passati.
A una qualsiasi data, e quindi in particolare oggi, un fondo, qualunque esso sia, non ha alcun rendimento. Ha un certo valore pro quota, ma questo dato è totalmente irrilevante per una scelta di investimento.
Non esiste in generale nessuna relazione fra quanto ha reso nel passato e quanto renderà in futuro. La tabella che segue confronta le performance per i 6 mesi precedenti il 28 marzo 1986 (riportate nella suddetta pubblicazione «Fondi. Quali rendono di più») con quelle dei 6 mesi successivi.
Fondi Comuni | performance dei 6 mesi precedenti | performance dei 6 mesi successivi |
---|---|---|
Fondattivo | 28.6 | -5.6 |
Arca RR | 28.9 | 6.1 |
Redditosette | 22.7 | 12.2 |
Come si vede, di due fondi (Fondattivo e Arca RR) con lo stesso risultato nel semestre precedente, uno ha poi registrato una perdita del 5,6% e l'altro un incremento del 6,1%. Un fondo con un risultato inferiore di 6 punti percentuali ne ha invece avuto uno superiore, per caso proprio di 6 punti, nei sei mesi successivi (Reddito sette rispetto a Arca RR). Esempi come questi sono molto frequenti.
Ciò che invece può aver senso, ma è molto più difficile e rappresenta comunque un discorso di altra natura, è il confronto fra due o più gestori di patrimoni, in particolare patrimoni di fondi comuni. Se si constata che un gestore, nelle stesse condizioni di mercato e con gli stessi vincoli posti dai regolamenti dei fondi, ha ottenuto per anni risultati migliori di un altro, sarà ragionevole ritenere probabile che anche in futuro sarà lui a ottenere i risultati migliori. Ma si tratta della valutazione di una persona, non dell'investimento (e cioè non del fondo).
Le obbligazioni
Ma se prendiamo un' obbligazione non ha forse senso chiederci "quanto rende?". No, questa domanda non ha senso neanche per un investimento unico e ben determinato come un titolo obbligazionario.
O comunque non ha un senso finanziario e non solo contabile. Vediamo un esempio concreto.
Prendiamo le obbligazioni BEI 1984-91 14%, un titolo con una cedola semestrale del 7% sul valore nominale e con prezzo e scadènza del rimborso anch' essi certi (precisamente al nominale il l0 aprile 1991). Il l0 giugno 1986 il prezzodi mercato di questa obbligazione era di 116 lire per 100 lire di valore nominale.
Ci si poteva domandare quale fosse il rendimento di questo titolo, ossia quanto rendeva in quel momento quell'obbligazione? In un certo senso sì, perché si poteva rispondere che gli interessi pagati all'investitore dalla Banca Europea degli Investimenti erano pari al 14.% annuo del valore nominale, corrisposti per altro in due rate semestrali di uguale importo. Non era però questa la risposta desiderata, né da chi le aveva sottoscritte il l0 aprile 1984 a 98,75 lire, né da chi , era incerto se comprarle o meno a 116 lire.
Chi le aveva sottoscritte due anni e due mesi prima, aveva incassato il 7% ogni semestre e per di più il loro valore era passato da 98,75 a 116 lire: questi erano i dati per valutare l'investimento per il passato (ad esempio per calcolare il tasso interno di rendimento che era stato del 22% annuo).
Per il futuro invece non aveva alcuna importanza il prezzo di collocamento di quei titoli e bisognava invece ragionare, oltre che sul loro prezzo di mercato e sull'ammontare delle loro cedole, anche sulla data e sul prezzo di rimborso. Tenendo conto di tutti quei dati si poteva calcolare ad esempio il loro tasso interno di rendimento a scadenza, cioè fino al 10 aprile 1991, e scoprire che era del 10% annuo.
Otteniamo dunque per quelle obbligazioni alla stessa data, per il passato un rendimento effettivo del 22% e invece per il futuro del 10%, mentre il loro tasso d'interesse nominale era il 14% annuo. A questo punto qualche lettore potrebbe obiettare che il tempo presente del verbo della domanda «quanto rende?» è giustificato dal fatto che una tale espressìone è ovviamente da intendersi come abbreviazione per chiedere «quanto rende da adesso alla scadenza?» e dunque in pratica «quanto renderà?». Per le obbligazioni spesso è vero, anche se non tutti capiscono correttamente un tale modo di esprimersi. Ciò però non contrasta affatto due punti fermi:
Una decisione finanziaria è una qualunque scelta fra diverse successioni alternative di entrate e/o uscite: cioè di somme di denaro che mi verranno messe a disposizione a certe date o rispettivamente che io metterò a disposizione di altri a certe scadenze. Le situazioni che impongono delle scelte finanziarie non sono limitate alle scelte di investimento o di finanziamento in senso stretto:
Un'impostazione seguita da molti si limita a trattare i problemi di scelta fra più investimenti o fra più finanziamenti, cercando di farvi rientrare, se è necessario a viva forza, anche le decisioni finanziarie di altra natura. TI passare da un'obbligazione a un'altra diventerebbe la combinazione di una scelta di finanziamento e di una scelta d'investimento: in termini matematico-finanziari il vendere un'obbligazione è un finanziamento, perché si ottiene un importo liquido oggi in cambio di costi futuri (vendendo il titolo si rinuncia a delle entrate future, gli incassi delle cedole, i rimborsi ecc. e la perdita di entrate future è equiparabile a una successione di costi).
Non seguiremo questa impostazione. Oltre tutto lo stabilire se un' operazione finanziaria è un inyestimento o un finanziamento è un problema classico della matematica finanziaria che può richiedere analisi non banali della successione dei costi e dei ricavi.
Si considerano sempre investimenti quei casi in cui tutte le uscite precedono le entrate: ad esempio un piano di accumulazione di capitale (PAC) in un fondo comune in cui a una serie di versamenti mensili segue uno o più disinvestimenti.
E sono senz' altro finanziamenti le operazioni in cui a uno o più incassi seguono degli esborsi, come nel caso di un mutuo, visto nell'ottica del debitore. Quando però uscite ed entrate sono intercalate nel tempo può non essere evidente se ci si trova di fronte a un investimento o un finanziamento. È per esempio il caso del conto corrente di un operatore eGonomico, se tale conto per i vari addebiti e accrediti è a volte in attivo e a volte in passivo.
Sulla base delle scadenze medie delle uscite e delle entrate in genere è possibile stabilire se si tratta di un' operazione di investimento o di finanziamento. Si tratta però spesso di questioni di lana caprina, su cui serve poco soffermarsi. I problemi da risolvere in campo finanziario sono ben altri che le questioni nominalistiche! I problemi che sorgono nei casi concreti non sono quelli dell'etichetta da apporre a una certa situazione di scelta, bensì quelli relativi a quale alternativa scegliere fra le varie possibili. Ecco alcuni esempi di situazioni reali, che esulano da quelle tipiche di investimento o di finanziamento:
Qual è l'obiettivo di ogni decisore? Dal gestore di un fondo comune a chi deve scegliere se fare un leasing o acquistare direttamente un'automobile e a chi cerca una forma previdenziale integrativa della sua pensione? Ovviamente scegliere la soluzione per lui più conveniente. O meglio l'alternativa per lui migliore, cioè da lui preferita in base a una certa scala di preferenze.
Detto ciò non abbiamo però fatto grandi passi in avanti da un punto di vista operativo; abbiamo solo impostato il problema. Fra le varie alternative si tratterà di individuare di volta in volta quella preferita; preferita da me secondo la mia scala di preferenze o un'altra invece preferita da un'altra persona nella sua ottica.
Non cercheremo l'investimento più redditizio o il finanziamento più conveniente in assoluto, perché quasi mai esiste una scelta finanziaria migliore in assoluto rispetto alle altre, cioè indipendentemente dagli obiettivi, dalla situazione, dalle preferenze ecc. del soggetto che deve prendere la decisione 8. In tutte le situazioni di scelta di natura finanziaria, si desidera avere dei criteri, dei metodi, degli indici ecc. che conducano o almeno aiutino a prendere una decisione.
L'obiettivo principale di queste pagine è proprio questo: presentare e discutere impostazioni, concetti, procedimenti di calcolo ecc. per individuare quella preferita fra più soluzioni finanziarie.Uno spazio non esiguo verrà dedicato anche alla critica di metodi che sono pericolosi, perché da un lato sono diffusi, e dall'altro possono condurre a conseguenze spiacevoli. Cioè a scegliere quella che, analizzata meglio, risulta non essere affatto la soluzione preferita. Come per esempio acquistare tout court l'obbligazione col rendimento effettivo più alto o, peggio, quella col rendimento immediato maggiore.