Articolo sul Fatto Quotidiano del 29-10-2018 pag. 18
Dopo avere combinato il pasticcio, l’industria italiana del risparmio gestito vuole anche guadagnarci. Partiamo da un problema che tocca quanti hanno fondi comuni, non di rado in quella formula insulsa che sono le gestioni patrimoniali in fondi. Nei passaggi da un fondo a un altro, cosiddetti switch, se c’è un guadagno si paga la relativa imposta; ma non si gode di nessuna compensazione per i fondi dove invece si esce in perdita.
Questa è la conseguenza della sciagurata riforma fiscale in vigore da luglio 2011, tecnicamente detta della tassazione del realizzato anziché del maturato. Prima era diverso e perfetto. Se guadagnavi, il fondo ti addebitava subito la fiscalità dovuta. Se perdevi, ti conteggiava ipso facto un credito d’imposta.
Ma a un certo punto il meccanismo cominciò a non piacere più a varie società di fondi, capeggiate dalla loro associazione (Assogestioni) che si mise a esigere a gran voce l’abolizione, per permettere di sbandierare performance lorde e non nette. Come al solito ottenne ciò che voleva. La conseguenza è la situazione attuale, in cui molti si trovano con perdite per cui non hanno ricevuto nessun credito di imposta o altra compensazione.
Ecco così che ora le banche propongono “strumenti finanziari fiscalmente efficienti, con i quali è possibile compensare le minusvalenze pregresse”. È il caso in particolare di Banca Imi, che ne emette a iosa, ma anche di altre. Si tratta soprattutto di certificati denominati cash collect. Legati a un titolo azionario o a indice di Borsa, pagano cedole periodiche o anche solo una finale, nell’ordine del 5-10%, se esso non scende sotto una certa soglia. E tale guadagno non viene tassato a fronte di un sufficiente quantitativo di perdite pregresse. Ribattezzato dalla pubblicità del risparmio gestito col nome accattivante di “zainetto fiscale”.
Ma se i mercati girano in negativo, come ora, anziché un guadagno il risparmiatore incamera un’ulteriore minusvalenza e può rimetterci anche un 50% o più.
I certificati sono strumenti finanziari complessi, con prezzi opachi per chi non è espertissimo. Sono sempre convenienti solo per chi li emette, banca o altro, che ci guadagna facilmente un 5-6%. Allettato dal vantaggio fiscale, chi li compra si sobbarca tale costo implicito e inoltre un rischio di perdite anche altissime. Certo che gli può pure andare bene, ma questo è vero anche semplicemente comprando azioni. O, più in generale, giocando alla roulette o raschiando i gratta-e-vinci.
Bappe Scienza