Il Fatto Quotidiano del 5 ottobre 2015 a pag. 18
"Figuriamoci se un'azienda così solida può perdere in Borsa un quarto del proprio valore!". Questi i discorsi in banca un mese fa per collocare un certificato emesso dal Gruppo Unicredit (codice DE000HV4AZB2), agganciato alle azioni Volkswagen. Discorsi superficiali o peggio. Dai quasi 167 euro del 9 settembre i titoli della casa tedesca sono scesi sotto la soglia prevista dal regolamento. Così adesso, ogni 100 euro investiti, uno se ne ritrova meno di 60. Una perdita del 40% fa già provare il brivido della finanza.
I certificati, spesso chiamati in inglese certificates, sono un prodotto dell'ingegneria finanziaria, costruiti con formule diverse, non sempre tossiche, ma spesso sì. Quello in questione prometteva un premio limitato, se le Volkswagen fossero salite in certe date, col rischio però di pesanti perdite nel caso di una flessione anche momentanea del 25%. Qui già qualcosa non quadra. Se va male si perde anche tutto, se va benissimo si guadagna solo il 15%.
Si può definire una scommessa iniqua? Di certo prodotti che nessuno può onestamente consigliare a un normale risparmiatore. Il guaio è che invece da anni ai clienti delle banche vengono sbolognate centinaia di certificati simili, perché lucrosi per chi li fabbrica e chi li colloca.
Che dire poi di strane creature quali gli Athena Double Relaxe Double Chance, emessi da Bnp-Paribas e indicizzati alle Volkswagen e alle General Motors? Chi si è doppiamente rilassato, è finito fuori strada: anch'essi da 100 sono scesi a 60. Ma si trova pure di meglio: per i germanofili convinti ecco per esempio un'emissione legata ad Allianz, Siemens e Volkswagen, precipitata a 47.
Spostiamoci però dalle macchine al cosiddetto lusso (champagne, borse firmate ecc.) e al Gruppo Intesa-Sanpaolo. Ci imbattiamo così nel certificato di Banca Imi (codice XS1245452344) indicizzato alle azioni francesi LVMH, ossia Louis Vuitton Moet Hennessy, con una denominazione che già spaventa. Che diavolo vorrà dire Standard Long Autocallable Barrier Certificates? Qui il discorso è un po' diverso. Emesso a inizio luglio a 100 euro, i giorni scorsi se ne ricuperavano solo 88, benché l'azione sia sempre rimasta distante dal bordo del precipizio. Vale infatti la regola che un normale risparmiatore tutta questa roba non deve mai comprarla in emissione, ovvero proprio quando le banche la sbolognano ai propri clienti. Salvo disastri maggiori, una volta quotata di regola viene fuori che era troppo cara. Ma anche dopo fa bene a comprarla solo chi è super-esperto.
Beppe Scienza