Il prezzo di un bene o servizio dipende in genere dal costo per produrlo o fornirlo. Una giacca di cashmere è più cara di una di un tessuto sintetico per il costo superiore del filato. Nell’ambito del risparmio gestito invece non è così. Le commissioni di gestione, ovvero il prezzo del servizio, sono slegate dai costi di produzione. Vengono fissate in base a un altro criterio: raschiare via ai risparmiatori più soldi possibile.
Ciò è particolarmente evidente per gli oneri addebitati per i fondi azionari, sistematicamente più alti, benché gestirli non comporti costi maggiori. Il motivo vero è che commissioni annue del 2%, 3% e oltre difficilmente si percepiscono, perché mescolate coi frequenti saliscendi dei mercati.
Se un fondo azionario ha reso in un anno 7%, l’investitore è contento e facilmente gli sfugge che in realtà le azioni avevano fatto il 10% e il 3% se l’è accaparrato la società di gestione. Vale lo stesso discorso nel caso di una perdita del 13% dopo un crollo dei mercati. Chi è in grado di appurare che in effetti solo 10% è attribuibile al crollo delle Borse e 3% invece alla rapacità del gestore? Pochissimi, soprattutto trovandosi sul groppone decine di fondi comuni, situazione creata proprio per confondere le idee.
Arraffare così tanto da un fondo obbligazionario darebbe nell’occhio: con tassi di mercato bassissimi come negli ultimi lustri, togliere un 2-3% porterebbe a una performance netta negativa, difficilmente giustificabile.
Così ad esempio nell’ultimo decennio esaminato dall’ufficio studi di Mediobanca i costi medi per i fondi azionari italiani ammontano al 2,5% anno e per i fondi obbligazionari solo all’1,2%. Ecco perché in banca e porta a porta insistono sempre perché uno investa in ambito azionario.
Per altro gestire un fondo comune costa pochissimo in entrambi i casi e può farlo un programmino informatico, senza scomodare l’intelligenza artificiale. Lo confermano i risultati dei fondi, regolarmente inferiori in media a quelli di mercato. Le spese poi per amministrazione, intermediazione ecc. sono direttamente a carico del fondo, per cui le commissioni addebitate sono praticamente tutto guadagno per la società di gestione.
Per giunta si scoprono numeri anche peggiori, scorrendo uno studio, purtroppo non pubblico, di una società del gruppo, Mediobanca Securities. Nell’aggiornamento dell’11-10-2021 di Italian Asset Gatherers di Gian Luca Ferrari si risultano commissioni per un solo anno addirittura del 6,3% per Global Esg A e del 5,6% per Small Cap Europe FoF, entrambi fondi di Azimut.
Aggiungiamo che la maggior parte delle commissioni non serve a compensare il modesto lavoro dei gestori, ma l’attività ben più importante dei venditori: tenere buoni i clienti quando perdono e soprattutto convincerli ad agire contro i propri interessi, affidandosi al risparmio gestito.
Beppe Scienza