Il colpevole si chiama Fulvio Coltorti. Ora insegna all’Università Cattolica di Milano, ma prima ne ha combinate delle belle. È lui che ha seminato e poi pervicacemente coltivato, nel giardino di Mediobanca, la mala pianta della ricerca onesta e coraggiosa anche per il fenomeno del risparmio gestito. A capo dell’ufficio studi, iniziò nel 1992 a pubblicare un’indagine sui fondi comuni d’investimento italiani, che ovviamente ne uscirono con le ossa rotte, essendo lo studio serio, approfondito e soprattutto non taroccato.
Andò avanti così circa per un quarto di secolo, con Gabriele Barbaresco e Matteo Pizzingrilli subentrati poi a Coltorti nella prosecuzione della ricerca. E ogni anno uscivano dati e confronti infamanti per la gestione cosiddetta professionale del risparmio, fra cui la conferma che sul lungo periodo i fondi avevano reso meno degli stessi banalissimi Bot.
È ovvio che a banche, gestori e promotori tutto ciò desse fastidio. Per giunta non si raccapezzavano di come potesse accadere, abituati a finti uffici studi, bravi solo a produrre materiale promozionale. Inizialmente Assogestioni provò anche a contestare la metodologia dell’analisi, senza produrre però nessuna obiezione valida.
Ci limiteremo a citare dalla “Indagine sui fondi e sicav italiani (1984-2013)” espressioni quali: "una distruzione di valore pari a circa 86 miliardi di euro nell’ultimo quindicennio" e, rincarando la dose, "la distruzione di ricchezza [...] aumenta a 155 miliardi" tenendo conto del premio al rischio. Oppure dall’aggiornamento di tre anni dopo: "l’industria dei fondi continua a rappresentare – in un orizzonte temporale di lungo periodo - un elemento distruttivo di ricchezza per l’economia del Paese". Cioè la pura e semplice verità, arcinota a tutti gli esperti del settore. Ma non al largo pubblico dei risparmiatori, a causa dell’inadeguatezza e delle connivenze del giornalismo economico italiano.
Se milioni di italiani si ritrovano con meno risparmi, in particolare ora a fronte dell’emergenza Covid, ciò è conseguenza anche del ruolo parassitario esercitato dall’industria del risparmio gestito dal 1984, inizio della sua espansione.
In occasione delle due edizioni più recenti, l’ultima è di un anno fa, Mediobanca cercò di correggere il tiro, affiancando alla ricerca vera e propria alcuni riassunti dove il risparmio gestito non sfigurava, grazie a scelte tendenziose dei periodi considerati. Una furbizia che il Fatto Quotidiano prontamente smontò.
Poi finalmente la decisione eroica: non vedrà mai la luce l’aggiornamento delle statistiche a fine 2019, che era atteso in questo mese. Banche, società di gestione e sedicenti consulenti l’hanno avuta vinta. E nessun altro giornale ha informato né - ci scommetto - informerà i lettori dell’affossamento dell’unica indagine sistematica e onesta sui fondi comuni d’investimento italiani, da anni estesa anche ai fondi pensione.
Beppe Scienza