Articolo sul Fatto Economico del 17-7-2019 pag. 17
L’attuale governo non è intervenuto sulla previdenza integrativa, né tanto meno ha smontato la (pessima) normativa che la regola: il Decreto Legislativo n. 252/2005 e successive modifiche. Ciò non stupisce. Il M5S è sostanzialmente favorevole alla previdenza pubblica, mentre per la Lega vale il contrario. Possiamo ricordare la firma di Roberto Maroni in calce a quel decreto, ma anche i tentativi per fortuna falliti di piazzare come viceministro del Welfare Alberto Brambilla. Sui suoi “rapporti coi big della previdenza privata” vedi l’ampio servizio di Davide Vecchi sul Fatto Quotidiano del 10-6-2018 pag. 4.
Ovvia conseguenza di posizioni così inconciliabili è un generale immobilismo. Tuttavia ora il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha annunciato la creazione di un fondo pensione da parte dell’Inps stesso, in concorrenza coi fondi aperti privati, coi fondi negoziali e gli altri prodotti equiparati. Sotto certi aspetti in concorrenza anche con le pensioni pubbliche. Il nascituro fondo non è però da confondere con Fondinps, collettore residuale per il TFR dei lavoratori incastrati nel silenzio-assenso.
Siamo di fronte alla cosiddetta mossa del cavallo. Pur senza toccare il quadro normativo, l’alternativa di un fondo pensione offerto dall’Inps modificherà lo status quo, migliorando la situazione soprattutto di chi ha già aderito alla previdenza integrativa.
Tridico ha enunciato alcuni obiettivi. Uno è “aumentare il numero delle adesioni alla previdenza integrativa”, cosa in realtà tutt’altro che auspicabile, senza averne prima eliminate le storture di fondo. Un altro è “sostenere una maggiore canalizzazione degli investimenti in Italia”. Tale proposito è però criticato dai venditori di previdenza privata, che con sperimentata faccia tosta sostengono che invece il loro unico obiettivo è l’interesse degli iscritti.
Ciò nonostante c’è d’aspettarsi che il nascituro fondo pensione dell’Inps sarà meglio o meno peggio di quelli controllati da banche, da assicurazioni o imperniati su accordi fra sindacati e associazioni padronali. Primo, non incorporerà il mastodontico conflitto d’interessi di questi ultimi, non essendo controllato al 50% da rappresentanti delle imprese. Secondo, saranno meno probabili malversazioni e ruberie varie, facili nei fondi privati per la totale assenza di trasparenza. Terzo, i costi dichiarati dovrebbero essere molto bassi (e ovviamente questo sarà uno dei punti da verificare).
Tutto ciò non elimina i dubbi sulla convenienza in sé, proprio in un’ottica previdenziale, a versare soldi nell’annunciato fondo dell’Inps. In compenso esso potrà svolgere un’egregia funzione di refugium peccatorum. Dove i peccatori sono quanti si trovano di mala voglia intrappolati nella previdenza integrativa.
Occorrerà approfondire in concreto, ma grazie agli aspetti positivi elencati si prospetta come molto opportuno trasferire a esso tutto quanto un lavoratore o risparmiatore ha in altri fondi pensione o in piani individuali pensionistici. Operazione di regola possibile trascorsi almeno due anni dall’adesione. La previdenza integrativa è una prigione da cui ovviamente non si può uscire, ma si può cambiare cella. Quella offerta da un fondo di matrice pubblica promette di essere più vivibile di altre.
Beppe Scienza