Articolo sul Fatto Quotidiano del 5-8-2019 pag. 21
Bancari e promotori finanziari le provano tutte per dissuadere i risparmiatori dal tenere i soldi fermi sul conto. Questo gli impedisce infatti di addebitargli commissioni, provvigioni, caricamenti ecc. Hanno perciò cercato di spaventarli col rischio del bail-in, poi con l’inflazione, quindi col rischio di fantomatici controlli fiscali sui conti non movimentati. Sono ricorsi pure alla mozione degli affetti: il denaro dev’essere investito per rilanciare l’economia, ridurre la disoccupazione, insomma per salvare la patria. Ma niente! Gli italiani bruciati da azioni e obbligazioni azzerate, certificati andati a picco e diamanti strapagati hanno mangiato la foglia.
Al che i sedicenti consulenti finanziari ne hanno pensata un’altra: bisogna mettere in fretta i risparmi in fondi comuni, per sfuggire a un’imminente imposta patrimoniale. Anche questa è una frottola.
Il famigerato prelievo dello 0,6% del Governo Amato nel 1992 è un evento irripetibile nella stessa forma. Dovesse essere deliberata un’imposta straordinaria, comunque politicamente quanto mai difficile da far digerire ai risparmiatori/elettori, non si limiterebbe ai conti correnti. Sia perché così raccoglierebbe troppo poco, sia per evidenti motivi di equità e soprattutto di costituzionalità che imporrebbero di estenderla ai principali impieghi del risparmio: fondi, gestioni, immobili ecc. D’altronde l’attuale patrimonialina dello 0,2% annuo, ipocritamente chiamata imposta di bollo, colpisce fondi comuni, gestioni e valori mobiliari vari. Ma non la liquidità.
Piuttosto è il caso di rigirare la frittata. Già ora moltissimi risparmiatori italiani pagano un’imposta patrimoniale ben più pesante di quella di Amato. Fondi, polizze, piani pensionistici, gestioni ecc. gli sottraggono una percentuale nell’ordine di un 2% annuo, come risulta da varie ricerche, persino della Banca d’Italia che è tutt’altro che ostile al risparmio gestito. Quindi ogni anno pagano il triplo del prelievo del Governo Amato, solo che spesso non se ne accorgono, per la scarsa trasparenza del settore. La direttiva comunitaria Mifid2 dovrebbe migliorare le cose, ma è tutto da vedere.
Molto opportuno quindi liquidare senza indugio quanto tenuto in fondi comuni, polizze e gestioni varie e spostarlo su impieghi dove l’industria parassitaria del risparmio gestito non possa raschiare nulla. Riportarlo quindi su conti correnti e libretti, tassati al massimo 34,5 euro l’anno qualunque sia la cifra giacente, sui buoni fruttiferi postali o decisamente in banconote.
Beppe Scienza