il Fatto Quotidiano, 29-6-2015, pag. 18
Sindacati e associazioni imprenditoriali gongolano e parlano, compiaciuti, di un vero e proprio fallimento. Sarebbero infatti pochissime le domande per la Quir (Quota integrativa della retribuzione), più nota come TFR in busta paga. Addirittura meno di una su mille. Al riguardo c'è parecchio da dire, non per difendere il governo Renzi, ma per confutare alcune frottole.
I dati sbandierati provengono da fonti non sempre attendibili e sono comunque limitatamente significativi, perché la procedura per richiedere il TFR è partita da poco e con difficoltà. Ma anche venissero confermati nei mesi prossimi, richieste così basse sarebbero il risultato soprattutto di una sistematica opera di disinformazione sull'argomento.
Infatti da inizio anno pretesi esperti spadroneggiano sui mezzi di comunicazione e nelle assemblee sindacali. Costoro hanno subito brandito lo spauracchio dell'esosità del fisco, con simulazioni dove appaiono perdite di centinaia di euro al mese. Il TFR in busta sarebbe da evitare, già solo perché tassato pesantemente. Peccato che il provvedimento sia rivolto ai redditi bassi e per chi guadagna meno o poco più di 1.000 euro netti al mese lo svantaggio fiscale non c'è affatto o è irrisorio. Ma ciò che ha mandato in bestia sindacalisti ed economisti legati a banche e assicurazioni è altro. È la facoltà di ricevere mensilmente il TFR (correttamente) estesa anche ai lavoratori aderenti alla previdenza integrativa, per scelta o per silenzio-assenso. Ecco così che continuano a sfornare numeri finalizzati soprattutto a dimostrare che uno ci rimetterebbe rispetto ai fondi pensione.
Tutto falso. Per cominciare il TFR in busta paga conviene di brutto a chi ha o pensa di contrarre debiti, con un tasso ad esempio del 12,2% medio per i prestiti con la cessione del quinto dello stipendio. Chiaramente molto superiore ai rendimenti attesi per la rivalutazione del TFR o per i fondi pensione. Ma in generale esso offre un'occasione interessante per riprendersi per tre anni buoni il proprio TFR, non potendo impedire altrimenti che continui a finire nella previdenza integrativa, il cui vantaggio fiscale finale è solo una speranza. Con tutto ciò non rinnego le mie passate valutazioni, più negative che positive, su tale provvedimento e già prima sulla richiesta di Maurizio Landini in tal senso (il Fatto Quotidiano del 19-3-2014 a p.14). Ma alcuni lavoratori farebbero bene a farci un pensierino.
Beppe Scienza