Articolo pubblicato su La Repubblica (Affari & Finanza, pag. 21)
I buoni emessi questo luglio sono notevolmente migliori per gli italiani di quelli dei 13 mesi passsati. Con la serie J14 si torna alla formula originaria del febbraio 2006
L’aumento dei bolli sui dossier titoli non tocca i buoni fruttiferi postali. Che siano dematerializzati o cartacei, non si tratta comunque di veri e propri titoli, come i Bot, le azioni o anche i certificati dei fondi comuni. Sono soldi prestati alla Cassa Depositi e Prestiti. Molti considerano tale formula come la cenerentola nel campo degli investimenti, dimenticando che nella favola Cenerentola non finisce poi così male.
Il discorso è attuale non solo per la maggiorazione del bollo prevista dalla manovra economica correttiva, ma proprio per le nuove condizioni di emissione.
Quello che passa il convento. È una battuta che viene spontanea per il risparmio postale. Ogni mese escono buoni con caratteristiche a volte identiche o simili, ma altre volte molto diverse rispetto al mese precedente. Così i buoni indicizzati all’inflazione di questo luglio sono molto migliori di quelli dei tredici mesi passati.
Con la serie J14 si torna alla formula originaria del febbraio 2006: sono agganciati all’inflazione italiana fin dall’inizio. Nel caso concreto, salvo il riscatto nei primi 18 mesi, è garantita per dieci anni la salvaguardia integrale del potere d’acquisto della somma investita, purché l’inflazione non superi il 4,5% annuo medio. Oltre tale livello (o se aumentano le imposte), va perso qualcosa in termini reali, ma mai in termini monetari. Poiché sono sempre disponibili solo i buoni in collocamento, se uno perde quelli di un certo mese, non può più venirne in possesso, tranne riceverli in eredità. Coi normali titoli a reddito fisso (Btp, obbligazioni ecc.) è invece possibile comprare pure quelli già emessi, a prezzi in genere diversi da quello d’emissione.
Saldi estivi per le Dexia. Anche per alcune sue obbligazioni il momento si prospetta promettente, salvo un rapido ribaltarsi della situazione di mercato. Con l’inflazione attuale un titolo come quello riportato nella tabella (codice IT0003806350) offre un rendimento a scadenza sul 7,6% nominale, cioè quasi il 5% oltre l’inflazione, sempre netto. Salta agli occhi anche la convenienza a eventuali concambi, visto che per esempio le Dexia 4,85% 2016 continuano imperturbabili a rendere assai meno.
Cambiare cavallo. A chi ha recentemente sottoscritto i buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione – e sono circa 30 mila risparmiatori ogni mese – conviene non aspettare troppo. Facendo un po’ di conti su quelli di giugno, si scopre che conviene tornare in posta e cambiarli coi nuovi, salvo scommettere su un crollo dell’inflazione media da adesso a metà 2013 allo 0,5% annuo (che ottimismo!). Per calcoli più approfonditi, ogni mese Bruno Monastero aggiorna un file Excel di confronto, liberamente scaricabile dalle mie pagine web all’Università di Torino (www.beppescienza.it).
Duplice garanzia. È disonesto il comportamento di alcuni impiegati e addirittura direttori di uffici postali che spingono polizze vita affermando che sono “sicure come i buoni fruttiferi”. Sono invece prive di una duplice garanzia. Quella in generale dello Stato italiano e il diritto in particolare al riscatto ogni momento, senza mai rimetterci nulla in termini nominali; e neppure in potere d’acquisto, salvo qualche “imperfezione” se l’inflazione sale troppo. Ovviamente tali garanzie non ci sono neppure per i titoli reali di privati (come le Dexia) né per quelli emessi da stati, che sono la terza categoria di strumenti per difendere i risparmi dal carovita. Così hanno condotto a una leggera perdita anche gli stessi titoli della Germania (codice DE0001030500), se comprati nel settembre 2010 e venduti a inizio luglio 2011. Non minimali sono state invece le perdite ovviamente coi titoli reali ma anche con quelli italiani, a causa sia dell’aumento dei tassi sia del calo di fiducia nell’Italia.
I Btp-i restano comunque un’alternativa diretta ai buoni postali: in particolare i Btp-i 2,1% 2021 rendono a scadenza circa il 2% in più dei buoni di luglio (J14). Il rischio emittente è identico, la durata simile, ma si è esposti alle oscillazioni di prezzo. Diverso il discorso per la Grecia 2,9% 2025 con quotazioni intorno a 40. Qui non merita neppure calcolare il rendimento annuo effettivo a scadenza, un dato non significativo in tali casi. Qui la scommessa è sul salvataggio dello stato ellenico o almeno su una ristrutturazione non troppo pesante.
titolo | codice | prezzi inizio luglio 2011 | rendimento annuo netto a ascadenza | massima perdita da luglio 2010 | |
---|---|---|---|---|---|
nominale | reale | ||||
Buoni fruttiferi postali decennali ind. all’inflazione | Serie J14 - luglio 2011 |
100,0 | 2,8% | 0,2% | Zero |
Btp-i 2021 2,1% (reale) |
IT0004604671 |
93,5 | 4,9% | 2,3% | -5% |
Obbl. Dexia 2015 0,5% (+inflazione) |
IT0003806350 |
83,5 | 7,6% | 4,9% | -10% |
Grecia 2025 2,9% (reale) |
GR0338001531 |
40,5 |
poco significativo:vedi sotto |
-21% |
È riportato il rendimento a scadenza nominale, ipotizzando un’inflazione del 2,6%, e reale, cioè in potere d’acquisto, al netto di imposte al 12,5%.
Nell’ultima colonna la perdita secca rispetto a un acquisto ai prezzi massimi dei precedenti 12 mesi.
Per la Grecia il rendimento su base annua, che risulterebbe altissimo, è un dato finanziariamente poco significativo (vedere articolo).
I titoli riportati sono quotati alla Borsa italiana o collocati dalle Poste.