il Fatto Quotidiano del 21-9-2015 pag. 18
La Consob ha recentemente comunicato le multe a dirigenti delle Poste per irregolarità nella vendita di investimenti (delibera n. 19283). Soprattutto per avere fatto disinvestire prodotti più sicuri per rifilare roba dove ci guadagnavano di più, in un modo o nell'altro. Cioè direttamente per le alte commissioni di collocamento e/o indirettamente, perché "il collocamento [era] focalizzato su prodotti emessi da società del Gruppo Poste". Il che pare un'allusione alle polizze di Poste Vita.
Le sanzioni decise ammontano in tutto a 60 mila euro e su questo si sono scatenate le associazioni di consumatori specializzate nel fare la voce grossa dopo che altri hanno scoperto magagne, di cui mai si erano accorte da sole, per quanto evidenti fossero.
Certo che c'è sproporzione fra i danni arrecati ai risparmiatori, facilmente per decine di milioni di euro, e le sanzioni applicate. Cosa sono poi 20 mila di euro una tantum per un Massimo Sarmi, pagato oltre un milione di euro l'anno? Per giunta una grossa società dispone di tante soluzioni per "rimborsare" chi ha dovuto pagare multe nel suo interesse. È chiaro il messaggio agli intermediari finanziari, non solo le Poste, ma anche banche e sim: "Continuate così, perché tanto ve la caverete con una miseria".
Ma c'è qualcosa di molto più grave, non denunciato praticamente da nessuno, per ignoranza o servilismo. La Consob si comporta come se la magistratura, scoperte le morti causate da un'automobile per un colpevole difetto di produzione, processasse in segreto i responsabili, ma neanche a richiesta facesse il nome del modello e men che mai informasse chi viaggia con essa che può schiantarsi fuori strada.
Così fa la Consob, adducendo il segreto d'ufficio. Cita "disinvestimenti anticipati non frutto di un'autonoma determinazione della clientela" ma solo leggendo fra le righe si capisce che riguardano i buoni fruttiferi postali. Si legge di "un'acuita situazione di conflitto di interessi che ha inciso negativamente sugli interessi dei clienti", ma un cliente non ha le prove di esserne stato vittima e quindi non può rivalersi per i danni subiti.
Sciaguratamente questa è la regola. Un vero scandalo fu quando nel 2002 vennero alla luce le malversazioni riscontrate dalla Consob nella gestione di tre fondi di San Paolo Imi. Essa rifiutò di comunicare agli interessati gli atti dell'indagine. Che stessero buoni e non facessero troppe domande!
Vuole questo la legge? Nulla però vieta ai vertici della Consob di denunciare che hanno le mani legate e chiedere che il legislatore modifichi la normativa. Sempre che il vero obiettivo non sia invece proprio proteggere banche, sim ecc. dalle giuste rivendicazioni di chi sistematicamente imbrogliano.