Articolo su il Fatto Quotidiano del 19-2-2018 pag. 18
Come si può essere contro una migliore formazione e maggiori conoscenze? Si può, se viene gabellata per informazione una pubblicità camuffata, se viene spacciata per insegnamento una manipolazione della realtà.
Sta iniziando la sua attività il Comitato per l’educazione finanziaria (Edufin), voluto dal governo dopo i crac bancari dello scorso biennio. Visti i precedenti è giusto partire prevenuti e fare il processo alle intenzioni. E marca male che ne parli bene Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera, rispolverando la storiella che le perdite dei risparmiatori derivano da “titoli che promettevano contestualmente bassi rischi e alti rendimenti”. Discendono piuttosto dalle malversazioni di parecchi banchieri e dai silenzi di chi doveva vigilare.
Lo presiede Annamaria Lusardi, sui cui per ora sospendiamo il giudizio. È certo sottoscrivibile quanto dichiarò al Sole 24 Ore il 18-9-2010 (Plus24, pag. 10): “A fare l’alfabetizzazione finanziaria non può essere un bancario, come invece accade in Italia con le iniziative dell’Associazione Bancaria Italiana”. Peccato che la strada dell’Inferno sia lastricata di buone intenzioni.
C’è un aspetto positivo: è la nomina di Antonio Tanza, a rappresentare i consumatori. È infatti il presidente dell’Adusbef, associazione non adusa alle pastette con banche e assicurazioni, a differenza di molte altre.
Ma cosa farà invece il rappresentante dei venditori porta a porta, ribattezzati in consulenti, e poi la Banca d’Italia, la Covip ecc.?
Due sono comunque i punti focali da chiarire. Primo: a chi verrà demandata questa sedicente educazione finanziaria? C’è da scommettere che la parte del leone o addirittura il monopolio l’avranno soggetti quale il Museo del Risparmio, che è un pezzo di Banca Intesa, o la Feduf finanziata da decine e decine di banche. Pare addirittura che avranno titolo per fare “educazione finanziaria” Banca Intesa, BNL, Unicredit, l’Ania (assicurazioni) ecc. Il loro fine è ammorbidire i clienti per rifilargli i prodotti più redditizi per sé, ovvero peggiori per i risparmiatori (polizze, piani previdenziali, fondi ecc. stracari e straopachi). E perché non dovrebbero agire così, trattandosi o essendo finanziati da società con fini di lucro?
Altra questione: come verranno ripartiti i soldi destinati alla educazione finanziaria, che potrebbero arrivare a 5,5 milioni di euro? Magari finiranno a chi già lucra sul risparmio degli italiani e invece niente a chi difende i risparmiatori.
Resta un’amara considerazione: ma possibile che in Italia tutto debba sempre finire in vacca?