Intervista a Beppe Scienza di Luca Sappino sull'Espresso on line (3-12-2015)
Costretti a lavorare per sempre, con il miraggio di pensioni vicine alla soglia della povertà. Per i trentenni non è una novità. «Ma quella di Boeri è una proiezione puramente teorica», dice il matematico Beppe Scienza: «che se non spinge verso più stato sociale, rischia di avvantaggiare solo i privati»
L’ha detta pure con troppo poco allarmismo, la sua verità, il presidente dell’Inps Tito Boeri. «Se oggi avessi 35 anni sarei preoccupato per il mio futuro pensionistico». Ma è bastato ad alzare il polverone. Boeri ha detto così quanto Antonio Mastrapasqua, il vecchio capo dell’Inps, con più poltrone e meno loquace del successore, aveva rivendicato di tener segreto per evitare rivolte sociali. Precisamente Mastrapasqua disse: «Se dovessimo dare la simulazione ai parasubordinati, rischieremmo un sommovimento sociale». Niente dettagi. Era il 2010, e quello già fu, in realtà, un modo più che sufficiente per diffondere i timori. Ora che Boeri ha svelato il finale, la rivolta sociale ancora non c’è stata, ma forse perché i trentenni italiani, che il loro futuro pensionistico fosse nero, lo sapevano benissimo da soli.
Troppo discontinuo il lavoro, troppo bassi gli stipendi e quindi i contributi. Rari gli avanzamenti di carriera, e anche quelli, comunque, quasi mai lineari. Toccherà lavorare fino ai 70 anni, o più probabilmente lavorare per sempre, in un modo o nell’altro, perché le pensioni - dice Boeri - saranno per molti dei nati nel 1980 del 25 per cento più basse rispetto ai nati nel 1945, e spesso così basse da dover esser accompagnate dai sussidi di povertà.
L’Espresso al tema e alle famose buste arancioni dell’Inps a maggio aveva già dedicato una copertina, facendo molte simulazioni, in effetti preoccupanti. Tra simulazioni e previsioni, però, il matematico Beppe Scienza, esperto di fondi complementari e previdenza privata, inserisce un dubbio: «Quello di Boeri», dice all’Espresso, «rischia di essere un allarmismo utile solo all’industria del risparmio gestito».
«Anzi», aggiunge il professore, docente al dipartimento di matematica dell’Università di Torino, «l’effetto delle sue proiezioni rientra perfettamente nella strategia volta a spaventare, anche più del dovuto, i lavoratori, spingendoli verso la previdenza integrativa». Beppe Scienza è noto per esser molto critico verso i fondi pensione, «tutti prodotti poco redditizi, non trasparenti e già solo per questo pericolosi ». Scienza, nei suoi molti saggi e articoli, consiglia sempre di orientare il risparmio verso prodotti senza gestore, verso i buoni fruttiferi postali o il vecchio caro Tfr. «Bisogna risparmiare», continua, «questo è verissimo. Ma bisogna farlo senza affidarsi a gestori e assicuratori».
Scienza - che fu molto critico anche quando il governo propose (senza troppo successo, in termini di adesioni, si scoprirà dopo) l’anticipo del Tfr in busta paga - spiega meglio il suo dubbio. E dice: «La proiezione di Boeri non sta in piedi. Ma non perché lui sia persona poco intelligente, anzi. Nessuno banalmente può prevedere cosa sarà del modello previdenziale da qui a quarant’anni». «Il suo è un esercizio puramente teorico». «Ci sono di mezzo almeno otto legislature, varie maggioranze parlamentari e chissà quanti governi», continua Scienza, «ed è francamente impossibile immaginare che non si sussegueranno varie modifiche alle norme attuali». Che in 45 anni nessuno di questi pensi di modificare norme che vanno sì modificate.
Ecco allora che la previsione di Boeri potrebbe avere un fine nobile, «se serve a spingere verso degli interventi di riforma in un’ottica di stato sociale, magari con l’utilizzo della fiscalità generale». Ma Scienza è in realtà preoccupato che l’obiettivo sia un altro: «Così come con la busta arancione», dice, «che è arrivata dopo pressanti richieste delle società di gestione e gli assicuratori la chiedevano a gran voce da anni».