Articolo pubblicato su Libero Mercato (20-8-2008 pag. 1-2).
I prezzi, l'andamento, gli interessi, gli indici di riferimento: quel che bisogna sapere su Valuta Plus.
Il successo dei prodotti finanziari si fonda quasi sempre su equivoci e illusioni, quando non decisamente su inganni e manipolazioni: vedi i titoli atipici, le polizze pseudo-previdenziali, le Gpf ecc. Un esempio recente sono i Valuta Plus Certificates Euro 15-7-2013 di Abn-Amro, emessi quest’estate con codice Isin NL0006061608. L’apprezzamento ricevuto deriva infatti soprattutto da alcuni malintesi, generati da una pubblicità capziosa e aggravati dallo scadente giornalismo economico italiano.
Ben diversi da Conto Arancio. Per cominciare aleggia l’idea che tali titoli funzionino quasi come un conto di deposito, quale Conto Arancio, Chebanca, Banco di Santander ecc. Tale erronea convinzione è indotta dalla frase: “La tassazione è al 12,5% e non al 27%, come per conti e depositi”, che compare nella loro pubblicità ed è obiettivamente del tutto fuori luogo. Perché mai un titolo quinquennale dovrebbe essere tassato come i conti di deposito? Fatto sta che solo per questi si potrebbe parlare per la somma investita di una “crescita costante e graduale” per tutta la durata dell’investimento, altra espressione di Abn Amro, ripetuta pedissequamente per esempio da Alberto Micheli il 15-7-2008 su MF Online. Ma quelli sono conti a vista, dove il capitale è sempre disponibile senza possibili variazioni, con in più gli interessi, maturati di giorno in giorno. Coi certificati Valuta Plus non è così. Manca infatti una clausola di rimborso anticipato continuo alla pari a favore dell’investitore, che non è neppure cosa assurda, visto che la prevedono i Buoni fruttiferi postali, riscattabili ogni momento.
Alla mercé del mercato. In assenza di essa, chi vuole liquidare l’investimento in certificati Valuta Plus deve venderli sul mercato. Ed è proprio qui che casca l’asino. Ovvero qui che gioca il malinteso, furbescamente favorito dalla pubblicità che parla di un “rendimento accreditato giornalmente” e presenta una tabella con quelli che sarebbero i “rendimenti lordi” a 1 anno, 2 anni... fino a 5 anni. Una persona non esperta della materia deduce che, supposto l’euribor al livello del 4,963%, è scontato che dopo un anno il suo certificato inizialmente da 100 € varrà 105,11 € e quindi avrà reso il 5,11%; dopo due anni varrà 110,49 € ecc. e avrà reso in tutto il 10,49% fino a valere 128,32 € dopo cinque anni. Glielo ha ripetuto anche Stefania Peveraro su Milano Finanza (12-7-2008, pag. 49), copiando paro paro come una brava scolaretta quei rendimenti e addirittura titolando l’articolo “Un certificato Bot-killer” (Ma per favore!...). Ebbene, può anche darsi che per caso questo capiti, ma non è garantito, non è affatto scontato e anzi è improbabile. Né il problema è il tasso euribor a 3 mesi, essendo pacifico che varierà: il 4,963% non è certo scolpito nella pietra, anche se è imprevedibile se sarà mediamente superiore o inferiore. Il punto è che, pur ammesso costante, nulla e nessuno garantisce che dopo un anno il certificato valga circa 105 €, dopo due anni 110,5 € e così via. È solo il valore alla scadenza al 15-7-2013 su cui si può fare conto, salvo un’insolvenza della società. Fra un anno potrebbe benissimo quotare 101 € anziché 105 € o addirittura 85 €, se non meno. Basta che la Abn Amro, pur senza fallire, se la veda brutta come la Lehman Brothers. Prendiamo le sue obbligazioni 2003-2013 indicizzate all’inflazione italiana, col codice Isin XS0176153350. Chi le comprò qualche anno fa non sbagliò la scelta del tipo d’indicizzazione, con le cedole annue pari all’inflazione italiana più 1,5% e con la prossima forse sopra il 5,5%. Peccato che ora a rivendere si ricavi 70 o poco più.
Troppo cari. Ma il problema non è solo il futuro prezzo di mercato di questi titoli. Resta il fatto che appaiono troppo cari per le loro caratteristiche. In questo modo Abn Amro si finanzia pagando esattamente il tasso euribor e nemmeno un centesimo di punto in più. Ma queste sono condizioni sostanzialmente fuori mercato: in questi frangenti società bancarie e finanziarie, pure enormi come l’Ubs, devono offrire un spread (anche oltre l’1%) sopra l’euribor per trovare soldi, per giunta a cinque anni. Quindi i certificati in questione offerti a 100 più che un affare per l’investitore, sono una pacchia per il debitore. Infatti, mentre è arduo stabilire l’attuale valore di mercato di alcuni immobili, come il Partenone di Atene o anche solo la casa del Fauno di Pompei, per i titoli di credito ci sono meno difficoltà. Un’indicazione interessante è fornita da un’emissione dello stesso emittente, regolarmente trattata sull’euromercato. È l’Abn 8-6-2015 floater, indicizzata all’euribor a tre mesi, col codice Isin XS0221082125. Ora si riesce a vendere solo intorno a 94, a cui s’aggiunge il fatto che la società riconosce agli euro-obbligazionisti il tasso di mercato maggiorato dello 0,25% fino al 2010 e poi dello 0,75% anziché senza maggiorazioni come ai poveri risparmiatori italiani. Tutto considerato, una valutazione allineata per i Valuta Plus Certificates Euro risulta quindi non 100, bensì 93. Già innumerevoli volte si è assistito a titoli collocati fuori prezzo, come io stesso denunciai i miei passati articoli; li si è visti rimanere per un po’ fermi e poi scendere ben bene, posizionandosi a livelli più coerenti con le loro caratteristiche. Che questo capiti con questi certificati della Abn Amro è probabile, anche se non certo. Invece è certo che sul mercato c’è di meglio. Le obbligazioni indicizzate all’euribor sono numerose e parecchie rendono nettamente più dei certificati in questione. Una di queste, prima di Capitalia e ora dell’Unicredit, è riportata anche nelle mie pagine web (gratuite) all’Università di Torino: www.beppescienza.it. Nel periodo di collocamento del certificato Valuta Plus, la si trovava a prezzi cui rendeva l’1,4% più dell’euribor. Anche ora rende a scadenza circa lo 0,80% sopra l’euribor, sempre lordo, il che compensa abbondantemente lo sbandierato vantaggio fiscale dei certificati Abn Amro di dare tutto il rendimento come plusvalenza soggetta a capital gain.
Troppi applausi. Appare quindi fuori luogo l’apprezzamento per tali titoli da parte di tanti giornalisti economici. Perché hanno scopiazzato quanto affermato nella pubblicità o nei comunicati stampa e non hanno piuttosto riportato con evidenza quanto scritto in piccolo nella scheda prodotto dell’emittente? Ovvero che “ove i Certificates vengano negoziati sul mercato prima della scadenza [...] la performance dei Certificates potrebbe essere negativa” e che “il valore dell’investimento durante la vita dei Certificates può fluttuare”. Di tutti i commenti il più ridicolo è quello del Sole 24 Ore e non vogliamo neppure pensare che sia correlato con la mezza pagina di pubblicità (pag. 10) su Plus24 del 2-8-2008. Ecco infatti cosa si è costretti a leggere nella rubrica Parterre a pag. 35 del 5-8-2008: “Le rate dei mutui si fanno sempre più salate? [...] Il tasso euribor è in tensione da mesi? La soluzione di tutti questi mali? Semplice e banale: speculaci sopra.” Questo sarebbe il motivo del successo dei certificati di Abn Amro, che “promettono guadagni proprio dal rialzo del tasso euribor: quello stesso tasso che affligge i milioni di mutuatari”. Fino a concludere con “Più le rate dei mutui si fanno esose, più i risparmiatori possono guadagnare”. Per cominciare era più elegante evitarsi quei riferimenti alla gravosità dei mutui, essendo un argomento dove il Sole 24 Ore proprio non ci prende. Infatti aveva riportato a pag. 35 del numero del 16-12-2002 che “ricorrere al tasso fisso è un eccesso di prudenza”, consiglio non proprio felice. Aveva anche scritto che “accendere un finanziamento oggi costa il 144% in meno che nel 1995”, il che vorrebbe dire non pagare interessi alla banca, ma addirittura riceverne! Torniamo però ai nostri certificati. A leggere il commento firmato R.Fi. (Redazione Finanza?), sembrerebbe che la possibilità di avvantaggiarsi dei tassi alti, offerta da quei titoli, sia una grande novità. Invece esiste da anni e anni grazie a decine e decine di obbligazioni, un tempo indicizzate alla lira interbancaria e ora all’euribor, quotate al Mot della Borsa Italiana e a Eurotlx. Anzi, sono addirittura circa 30 anni che ciò è possibile: vedi i Cct biennali indicizzati 1-7-1979/1981. Ma anche parlare di speculazione è fuori luogo: indicizzarsi ai tassi d’interesse è fondamentalmente una strategia difensiva. Insomma, la finanza è una materia interessante, ma i giornalisti confidustriali, pur essendone affascinati, evidentemente non la conoscono. Il calmo periodo estivo potrebbe essere l’occasione per impararne i rudimenti. Non è mai troppo tardi, come prometteva il titolo di una trasmissione degli anni Sessanta per analfabeti.
Ha collaborato Omar Angelino.