Articolo sul Fatto Quotidiano del 6-3-2017 a pag. 18
È tipico del giocatore d’azzardo continuare a scommettere, aumentando la posta, per rifarsi dei soldi persi. Pensa di poter recuperare quanto andato in fumo, spesso vittima anche dell’idea infondata che la fortuna giri e quindi non potrà andare sempre male.
Ci sono purtroppo analogie con l’impostazione che indirizza le scelte di parecchi risparmiatori, reduci da pesanti perdite finanziarie. Anche loro pensano o gli viene suggerito da sedicenti consulenti in banca o porta a porta, che esistano soluzioni che “permettono di recuperare le perdite”. Questa o altre simili sono le espressioni usate per indurli a investimenti rischiosissimi. Ovvero, dopo avere sbagliato, per perseverare nell’errore. Così recentemente ho ricevuto l’e-mail di una risparmiatrice che, a fronte di una minusvalenza di 24 mila euro su azioni, elenca le proposte della banca appunto per rimediare. Ovviamente tutte rischiose, come per esempio i certificati con barriera, ovvero con perdite potenzialmente illimitate.
Il mio commento, a fronte di uno che abbia rimesso diciamo il 50%, è sempre lo stesso: “Lei vorrebbe qualcosa che raddoppi. Ma se ci fosse un investimento così buono, perché non lo farebbe subito anche chi è in attivo?”. Detto brutalmente: meglio invece metterci una pietra sopra. Chi ha perso che rinunci all’obiettivo di compensare il danno subito. Ciò rientra comunque nella regola generale che prezzi di acquisto, risultati passati ecc. non contano per le scelte d’investimento, che devono basarsi sulle prospettive future. I risultati ottenuti sono utili invece per giudicare i consigli ricevuti. Cioè le persone, non gli investimenti in sé.
Chi s’incaponisce o viene spronato a recuperare le perdite, acquista cose rischiose o rischiosissime: azioni, future, derivati o strumenti ibridi come i certificati e fra questi i più rischiosi. È ripetitivo, ma torniamo sempre allo stesso punto: coi tassi a zero non esistono opzioni accessibili che possano rendere tanto, senza potere anche srendere altrettanto, cioè condurre a grosse perdite.
Psicologicamente la situazione si aggrava, per chi minusvalenze già realizzate, soprattutto se fiscalmente vicine alla scadenza. Qui, senza rischiare, al massimo si può slittarle avanti nel tempo, ingegnandosi con qualche combinazione di derivati o con titoli sintetici; e magari pian piano eroderle con futuri guadagni. Di nuovo è invece periglioso porsi l’obiettivo di pareggiarle con sostanziosi capital gain.