il Fatto Quotidiano del 7-3-2016 a pag. 22
Banche e compagnie telefoniche fanno a gara nell'escogitarne sempre una nuova per turlupinare i clienti. Ma le trovate peggiori dei gestori di telefonia sono spesso riprese e criticate dalla stampa. Quelle delle banche invece no.
In particolare nessuno ha denunciato una strategia applicata da mesi dalle banche italiane a danno di quanti continuano a investire direttamente in titoli di Stato o obbligazioni. Cioè di quei risparmiatori testardi, non ancora ingabbiati nel risparmio gestito (fondi comuni o trappole previdenziali quali polizze, fondi pensione ecc.). Questa è la volta buona per accalappiarli.
A monte c'è un fenomeno che senza esagerare si può definire storico. In Europa e in particolare in Eurolandia i tassi d'interesse sono scesi a livelli bassissimi mai visti in Occidente, per i titoli più sicuri addirittura sotto zero. Ciò ha fatto impennare la stragrande maggiorana delle quotazioni del reddito fisso. Come casi limiti potremmo citare i Btp 9% 2023 o i Btp 7,25% 2026, magari comprati o sottoscritti a 100, che ora valgono più di 150.
Cosa fanno allora gli addetti agli investimenti delle banche? Convocano l'interessato e gli spiegano che gli conviene monetizzare quei titoli "perché ci guadagna", il che secondo una convinzione diffusa ma infondata sarebbe un valido motivo per vendere. E cosa farà poi il malcapitato coi soldi che ricava? Il sedicente consulente, in realtà un mero venditore, gli spiega che i Btp ora non fruttano quasi nulla, mentre quello o quell'altro fondo rendono per esempio il 4%. E quindi gli conviene mettere i soldi lì.
Merita chiarire dove è l'inganno e perché molte volte funziona. La prima parte del discorso è vera: per i titoli di Stato i rendimenti attesi sono bassissimi. È invece una menzogna affermare che un certo fondo o gestione obbligazionaria "rende il 4%" o altra percentuale. Al massimo si tratta di una sua performance passata, mentre per il futuro quella da attendersi è spesso negativa, alla luce dei tassi di mercato, delle spese previste e della storia pregressa di figure barbine. Non dimentichiamo poi i rischi di malversazioni, facili grazie alla mancanza di trasparenza. Per cui meglio tenersi i titoli sino al rimborso; oppure anche venderli, ma solo per comprarne altri più brevi o per tenere il ricavato sul conto, se non decisamente in banconote in cassetta di sicurezza. Evitare però in ogni caso di perdere il controllo dei propri risparmi, affidandoli ad altri.