È un discorso che riguarda milioni di risparmiatori, ignari di trovarsi sul groppone strane assicurazioni, diffuse ormai in maniera epidemica. Andando a vedere cosa gli hanno venduto, scopriranno infatti di avere versato soldi in polizze denominate “a vita intera”, così chiamate perché durano finché uno le riscatta (o muore).
Per più lustri i fondi comuni d’investimento sono andati per la maggiore nell’ambito del risparmio gestito. Ma per i padroni del vapore hanno alcuni difetti: poco vincolanti, non abbastanza opachi, facilmente confrontabili. Così un piccolo genio del male ha avuto una trovata: ripescare una forma assicurativa trascurata, cioè appunto quella detta a vita intera, e trasformarla in un sostituto peggiorativo dei fondi comuni e delle gestioni in fondi. Peggiore per i clienti e quindi migliore per banche e promotori.
Si tratta di contratti dai contenuti assicurativi minimi, da perseguire semmai con altri strumenti. Per cominciare al risparmiatore i soldi vengono bloccati per un anno, che già è un bel tiro mancino. Di fatto finisce in una specie di gestione in fondi, ma interni alla struttura che gli ha venduto il prodotto, privi degli obblighi di trasparenza dei fondi comuni italiani. Paga commissioni che possono arrivare al 4% in un anno. Non ha nessuna garanzia nei confronti delle perdite nominali e ancor meno di quelle reali.
Oltre al discorso generale ci sono poi i casi particolari. Vedi la neonata Prospettiva Sostenibile di Banca Intesa, che ti invita a sottoscriverla perché così “contribuisci a creare un mondo migliore”. Ma invece io sono di animo malvagio, per cui mi rifiuto di mettervi i miei risparmi, sordo ai bisogni dell’umanità.
Banca Intesa scrive anche che così “investi i tuoi risparmi in modo semplice”. Il che si traduce in 63 pagine con 5 tabelle per i costi, anche molto complicate, e la richiesta di “una dichiarazione di residenza a fini fiscali secondo il diritto irlandese”. Alla faccia della semplicità!
Che dire poi di 100% Yellow Life, parto congiunto dei gruppi Generali e Mediobanca, che per altro è una polizza rivalutabile? Leggiamo che “il contratto prevede la rivalutazione annuale del capitale investito […] pari al rendimento della gestione separata diminuito dell’1,5% trattenuto da Genertellife”. Peccato che spulciando fra le clausole si scopra che la rivalutazione: “Può essere negativa”. In italiano le rivalutazioni negative si chiamano svalutazioni o perdite.
Insomma, la conclusione è una sola: se la volontà del legislatore fosse tutelare i risparmiatori, prodotti simili sarebbero proibiti.