Il Fatto Quotidiano del 20-05-2015, p. 14
Non è partito a razzo il rientro dei capitali clandestini dall'estero, comunemente noto come voluntary disclosure. Tale scarso entusiasmo, se non deciso rifiuto, ha varie motivazioni. Per cominciare è richiesta una vera e propria autodenuncia all'Erario, mentre agli scudi fiscali di tremontiana memoria si aderiva anonimamente negli uffici di una banca o sim. Poi essa viene a costare di più: da un 7% a ben oltre il 50% delle somme in ballo.
Ma una causa può risiedere anche in un'imperfezione della legge. Contro l'adesione può infatti congiurare anche un motivo poco noto, approfondito da Marco Gallea, un economista torinese. Aleggia cioè il timore di subire poi la confisca di quanto rimpatriato. Ciò discende dalla normativa antimafia (Decreto legislativo 6-9-2011, n. 159), che di fatto alcune procure della Repubblica già applicano anche al di fuori della criminalità organizzata sul presupposto che l'evasore sia comunque un soggetto socialmente pericoloso.
Infatti la normativa suddetta prende a riferimento la sproporzione fra il patrimonio accumulato e i redditi dichiarati nel passato. Ma la voluntary disclosure estingue totalmente il debito fiscale solo per gli ultimi anni. Non copre invece del tutto capitali rimpatriati relativi ad anni precedenti, già prescritti. Così, a seguito ad esempio di controlli automatici, può risultare un patrimonio ingiustificato rispetto ai redditi dichiarati; e ciò costituire il presupposto per la confisca.
Non c'è da aspettarsi che di tale rischio facciano parola commercialisti, banche e sim, men che mai nei loro articoli e interviste acchiappa-clienti. Per tali soggetti la voluntary disclosure è un'occasione d'oro per incassare laute parcelle o, rispettivamente, piazzare fondi e polizze pessimi.
Entrando nel merito sostanziale della questione, essa si presta a considerazioni di tenore opposto. Da un lato commenti che si riassumono in poche parole: sono evasori, peggio per loro. Dall'altro fondate perplessità, perché qualcosa stride, se uno Stato emana una legge per indurre al rimpatrio dei capitali oltre confine e poi però, in forza di altre norme, si prende quanto fatto rientrare. E intanto resta invece indenne chi dalla Svizzera ha spostato i soldi a Panama.