il Fatto Quotidiano del 7-9-2015 a pag. 22
C'è chi deve pagare gli spazi per la pubblicità e chi l'ottiene gratis. Così il Corriere della Sera di giovedì scorso ha pubblicato una specie di grosso spot per i fondi pensione negoziali a firma Mauro Marè e Michele Tronconi. Due soggetti a contratto l'uno di una società per promuovere la previdenza integrativa (Mefop) e l'altro dell'associazione stessa dei fondi negoziali. Sono chiamati così quelli derivanti da un accordo fra sindacati e associazioni padronali: Cometa, Fonchim, Priamo, Fonte ecc.
L'intervento, dal tono compassato, è in realtà una sequela di affermazioni tendenziose, infondate o reticenti al fine di sostenere che essi sono il non-plus-ultra per la previdenza integrativa.
È vero il contrario: i fondi negoziali sono il prodotto di un obbrobrio normativo, codificato dall'orribile legge di riforma del TFR (d.lgs. n. 252/2005). Che resta uno dei peggiori provvedimenti bipartisan dello scorso decennio, emanata da Tremonti e Maroni e aggravata dal governo Prodi.
Stabilisce infatti (art. 5) che i loro consiglieri, presidenti e vicepresidenti, organi di controllo ecc. siano spartiti metà-metà fra rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori. Cosa assurda, anzi perversa. Perché mai i datori di lavoro dovrebbero avere voce in capitolo sul risparmio previdenziale dei lavoratori? La frottola sempre ripetuta dagli economisti di regime è che tale diritto gli spetta, perché versano il c.d. contributo datoriale nel fondo (e in futuro potrebbero smettere di farlo, cosa regolarmente taciuta).
Ma questa è una baggianata, perché allora avrebbero titolo anche per sindacare come i loro dipendenti spendono lo stipendio, visto che glielo versano loro sul conto corrente.
In realtà il fine dei fondi negoziali è innanzi tutto realizzare una mangeria. Sono uno strumento di concertazione fra sindacati (Cgil, Cisl, Uil ecc.) e associazioni padronali (Confcommercio, Federmeccanica, Federchimica ecc.) per spartirsi un po' di poltrone e relative prebende.
Ma c'è anche di peggio: metà di coloro che decidono direttamente o indirettamente gli investimenti rappresentano gli imprenditori. Così in futuro all'occorrenza potranno indirizzare fino al 30% dei quattrini dei lavoratori (art. 6, comma 13/b) all'acquisto di azioni e/o obbligazioni delle loro aziende, magari decotte.
Tutti i prodotti cosiddetti previdenziali (fondi, piani individuali e polizze) sono da evitare e per fortuna la maggior parte degli italiani li evita. Ma di per sé i fondi negoziali hanno alcune storture in più.
Beppe Scienza