Il prof di matematica e ombudsman dei risparmiatori Beppe Scienza: quadruplicata l’imposta per chi rivende monete o lingotti
Le tasse hanno azzerato i guadagni di chi ha puntato sull’oro come bene rifugio. A spiegarlo a Open è il professor Beppe Scienza, docente del dipartimento di matematica dell’università di Torino e ombudsman dei risparmiatori. Scienza ha da poco pubblicato il libro “I nostri soldi e l’inflazione”, che fornisce gli strumenti per districarsi tra i prodotti finanziari.
Per chi ha investito nel metallo giallo, il 2024 è stato finora un anno felice, verrebbe da dire un anno d’oro. Perché non concorda?
Non nego mica la salita dei prezzi da 53 a oltre 70 euro al grammo da fine 2023 a ora. Peccato che a molti questo non sia bastato a compensare il tiro mancino giocatogli dal governo Meloni, di cui quasi nessuno ha parlato. Infilata fra le tante disposizioni della Legge di Bilancio (L. 213/2023 art. 1 comma 92 lettera c), è stata quadruplicata l’imposta per chi rivende monete o lingotti, senza avere una valida documentazione dell’acquisto. Anche nel caso di una sola sterlina.
Ma in concreto cosa è capitato?
Di per sé l’aliquota sui guadagni, vendendo lingotti, sterline, marenghi o analoghe monete d’oro, ammonta al 26%. È come per azioni od obbligazioni private. Ma è frequente non avere il documento dell’acquisto e fino al 2023 era considerata plusvalenza un quarto dell’incasso, ora tutto il ricavato. Di fatto l’imposta è passata dal 6,5% al 26%.