Articolo sul Fatto Quotidiano del 16-4-2017 pag. 18
Una spontanea comunione di ostili intenti nell’ipotesi migliore, un illecito accordo occulto in quella peggiore. Il punto sono i Piani individuali di risparmio (Pir), una formula in vigore dal 2017, che esenta i risparmiatori da varie imposte. Bisogna investire in titoli di imprese anche medio-piccole, rispettando determinate regole, fra cui in particolare mantenere l’investimento per cinque anni.
Di per sé la legge concede i vantaggi fiscali senza imporre le forche caudine del risparmio gestito. Peccato che praticamente tutte le banche e società d’intermediazione mobiliare (sim) mettano i bastoni fra le ruote. Spingono i Pir, obbligando però alla sottoscrizione di fondi comuni o simili, al fine di spolpare il cliente con gravose commissioni e disporre, all’occorrenza, di contenitori dove scaricare immondizia finanziaria.
Penoso al riguardo un recente documento di ricerca del Consiglio nazionale e della Fondazione nazionale dei commercialisti: "I piani individuali di risparmio: quadro normativo e aspetti operativi" di Roberto De Luca e Nicola Lucido. Elenca infatti le diverse alternative, omettendo bellamente i Pir autogestiti. Che non venga a qualcuno la tentazione di svincolarsi dall’abbraccio soffocante del risparmio gestito!
Da un’altra pubblicazione del mese scorso, "I piani individuali di risparmio (PIR)" del Politecnico di Milano e Intermonte emerge un 2,3% annuo per il primo quinquennio fra commissioni d’ingresso e di gestione. Già così un Pir risulta una scelta perdente salvo il caso davvero eccezionale di rendimenti di mercato superiori all’8% annuo. Si aggiungono per altro commissioni di incentivo, nonché vari costi occulti. Un piano di risparmio ha senso, solo evitando tali pesanti balzelli.
Peccato che permettano ai clienti di farsi un Pir con acquisti diretti di azioni e obbligazioni solo una banchetta toscana (Investbanca) o una società torinese (Directa sim) con tutt’altro ordine di costi, cioè nell’ordine dello 0,3% annuo.
Quanto abbia funzionato l’ostruzionismo del sistema a danno dei risparmiatori salta agli occhi dai numeri dei piani aperti. Nel profluvio di articoli plaudenti, in effetti questa informazione latita, mentre vengono sbandierato quelli gli 11 miliardi di euro raccolti nel 2017. Dato che permette di stimare sopra i 500 mila i risparmiatori con Pir zeppi di fondi, sicav ed etf. Quelli fai-da-te sono invece intorno ai 200-300. Meno dell’un per mille. In Italia sfuggire al predominio delle grosse banche e sim è davvero dura.