Articolo sul Fatto Quotidiano dell’8-1-2018 pag. 18
I tempi della finanza non sono quelli del calendario. Fare a inizio gennaio il punto sugli investimenti per i prossimi dodici mesi risponde solo a motivazioni psicologiche. Oggettivamente è come chiedersi il 27 novembre cosa fare nei successivi dieci mesi e otto giorni
Lasceremo comunque le previsioni agli indovini e ai ciarlatani, guardandoci bene dal preconizzare come andrà quest’anno la Borsa, il dollaro ecc. Merita però chiedersi perché si legge in continuazione che per il 2018 le prospettive sono migliori per le azioni che per le obbligazioni. Altri conoscono il futuro? In realtà si tratta di previsioni interessate. Dietro di esse c’è la solita industria parassitaria del risparmio gestito (banche, gestori, sedicenti consulenti ecc.) cui conviene che i risparmi degli italiani finiscano in fondi, gestioni ecc. azionari anziché obbligazionari. Possono così raschiargli più quattrini, per cominciare lecitamente con commissioni esose, vere e proprie clausole capestro ecc. Ma anche illecitamente, senza che la cosa possa essere scoperta, per esempio dirottandoli a favore di qualcuno dei soliti amici. Con le gestioni obbligazionarie è tutto più difficile
Ciò detto, non è mica escluso che nel 2018 le azioni battano il reddito fisso. Quindi, con la consapevolezza dei rischi, si può anche tenervi una percentuale dei propri risparmi, stando però alla larga da fondi comuni e simili. Una soluzione elegante è ricorrere a future su indici azionari, ma in modo non speculativo, cioè rinnovandoli sistematicamente a scadenza. Uno può mettere così anche solo 23 mila euro, ben diversificati, nella Borsa italiana e/o 36 mila in quelle dell’eurozona
Ci sarebbero poi i Piani individuali di risparmio (Pir), ma soltanto facendoseli da soli coi pochissimi intermediari (sim o banche) che lo permettono. Da evitare invece i tantissimi Pir offerti da banche e sedicenti consulenti, regolarmente con spese, commissioni, costi ecc., anche occulti, in grado di divorare gli eventuali rendimenti.
Passando agli investimenti sicuri, i conti deposito non hanno più senso come strategia a medio termine. Li ha massacrati prima l’abbattimento dei tassi della Banca Centrale Europea, poi la concorrenza dei buoni fruttiferi postali a 3 Anni Plus, che offrono a scadenza lo 0,7% annuo. È vero che tolte le imposte resta solo uno 0,4% netto, ma si evita ogni commissione o spesa, bolli superiori agli interessi, il famigerato bail-in ecc. Mantengono senso anche Btp Italia e Btp-i di recente emissione per coprire il rischio inflazione