Post sul blog del Fatto quotidiano del 6-62018
L’impennata dello spread – ovvero della differenza fra il rendimento dei titoli di Stato italiani e tedeschi – arrivata al 3,2%, le ipotesi di uscita dall’euro, i conseguenti crolli in Borsa ecc. hanno spaventato molti risparmiatori italiani, in misura diversa a seconda soprattutto del carattere. Vale la pena di passare in rassegna alcune alternative ritenute sicure. In ogni caso si tratta di un discorso tecnico, che non entrare nel merito di quanto siano probabili un’uscita dell’Italia dall’euro, un suo default ecc.
Poiché però un post non è un’enciclopedia, rinviamo semmai a una successiva puntata l’esame di altre soluzioni. Ora vedremo: i Bfp, i titoli tedeschi, i conti valutari, la Svizzera, le banconote. La prima cosa da fare è poi, come sempre, liquidare tutti i fondi comuni, le gestioni ecc. per avere il controllo dei propri risparmi.
Buoni fruttiferi postali (Bfp)
Fra gli investimenti finanziari italiani sono i soli con cui non si rischiano perdite nominali, per quanto salgano i tassi di mercato, grazie al diritto al riscatto al valore nominale. Chi ha messo 100 un giorno, un mese o un anno prima ha sempre potuto ritirare 100 ed eventualmente gli interessi maturati. Invece chi per esempio ha sottoscritto Btp Italia a 100 nella settimana del 16 maggio, li ha poi visti quotare sotto 92 euro dopo neppure due settimane. Come scrissi in un mio articolo, coi Bfp non capita neanche di ritirare meno di 100 per l’imposta di bollo. In ogni caso i Bfp difendono dallo spread, non però da un’uscita dall’euro.
Titoli di Stato tedeschi
Possono dare molta sicurezza, senz’altro motivata. Il maggior limite per i titoli brevi è il rendimento nominale negativo: -0,6% a un anno, con bollo e commissioni siamo a -1%. Per i titoli lunghi, il rischio di un calo dei prezzi per una salita dei tassi, oltre comunque al rendimento bassissimo. Difficile poi dire, se davvero resterebbero indenni da un’uscita dall’euro, perché sono imprevedibili le singole misure di finanza e fiscalità straordinarie, collegate a una tale decisione.
Conti in franchi, dollari ecc.
Anche un risparmiatore può avere cosiddetti “conti valutari” presso banche italiane, anche se non con tutte. Ma per cominciare vale quanto appena detto per i titoli tedeschi. Inoltre c’è il rischio di perderci col cambio, se l’Italia non esce dall’euro. Ci sono poi incombenze fiscali, tenendovi più di circa 50mila euro (la normativa fa ancora riferimento al superamento di 100 milioni di lire). Infine c’è il rischio, magari remoto, del bail-in se la banca va a gambe all’aria.
Conti in Svizzera o in altri Paesi
Alcuni si sono affrettati ad aprirne uno, cosa ovviamente più comoda vivendo a Como anziché a Macerata. Ci sono in generale rischi relativi alla banca e le dimensioni non garantiscono: nel 2008 dovette essere salvata l’enorme Unione di banche svizzere (Ubs). Ci sono obblighi fiscali in Italia. Ci vuole poi un carattere d’acciaio per resistere alle pressioni della banca svizzera per rifilare la sua immondizia finanziaria e previdenziale. Qualcuna non si comporta così, ma bisogna cercarla col lanternino
Banconote in euro o altre valute
Tenere risparmi in contanti è il consiglio costante della banca centrale tedesca, la Deutsche Bundesbank. Vedere anche il recente 4° Convegno sul contante. La Banca d’Italia non dà mai tale consiglio, ma non è colpa mia se la Bundesbank ha a cuore l’interesse dei cittadini, mentre l’omologa italiana quello dei banchieri. Una delle funzioni del contante è quella di riserva di valore (Wertaufbewahrung, ripete la Bundesbank). In particolare esso preserva dai rischi della moneta bancaria (conti correnti e simili), ovvero il bail-in, i prelievi forzosi ecc.
In caso poi di uscita dall’euro le banconote sfuggono a conversioni d’imperio. Ovviamente converrà ripartire i contanti, se sono parecchi, su più cassette di sicurezza, che costano sui 50 euro l’anno. Per un risparmiatore prelevare contanti da un suo conto in banca o alla posta è lecito senza limiti, anche se gli faranno molte difficoltà. Se poi il timore non è solo l’uscita dell’Italia dall’euro, ma la fine stessa della moneta unica, bisognerebbe prelevare e tenere in cassetta franchi svizzeri, corone danesi ecc.