È cambiata la strategia di sindacati, associazioni padronali, banche e assicurazioni, cioè di quanti comandano e traggono vantaggi dalla previdenza integrativa. Si tratta di un patto occulto o anche solo tacito, ma ferreo.
Meglio soprassedere dall’ordinare al governo un nuovo periodo di silenzio-assenso per il TFR nella previdenza integrativa, analogo al primo semestre 2007 ed esteso al settore pubblico. Esso susciterebbe discussioni e approfondimenti sull’argomento, da evitare nel modo più assoluto. Qualche giornalista o esperto non allineato potrebbe addirittura ricordare la perdita reale media del 19% per fondi e piani pensionistici nel 2022. Meglio lasciare campo libero all’educazione finanziaria che sulla previdenza integrativa è indistinguibile dalla pubblicità. Lo ha confermato per es. un recente webinar delle Poste Italiane.
Hanno quindi deciso di procedere sottotraccia, per ingabbiare di volta in volta sottoinsiemi più o meno ampi di lavoratori. Stampa e televisioni omologate collaborano, dando a tali manovre la minore eco possibile e cioè di regola nessuna eco.
Rientra in questo contesto l’accordo concertativo del 16 novembre 2023 fra l’Aran (in pratica lo Stato, quale datore di lavoro) e 11 sindacati, da Cgil, Cisl e cosi via fino a Snals e Gilda. Si salvano solo quelli di base e alcuni minori come l’Anief.
Tale inciucio sindacal-padronale prevede una fase di silenzio-assenso al fondo pensione Espero per i dipendenti della scuola: insegnanti, presidi, impiegati, bidelli ecc. Come per l’analoga operazione nel 2022 col fondo Sirio-Perseo per i dipendenti della sanità, dei ministeri, degli enti locali ecc., esso non colpisce tutti, ma solo chi prende o ha preso servizio dal 2019 in poi. L’industria della previdenza integrativa puntea ai più giovani, che le permettono di lucrare per decenni a danno del loro risparmio previdenziale.
I tempi di attuazione sono relativamente lunghi, per dare meno nell’occhio e incastrare meglio quanti più lavoratori possibile. Ai dipendenti interessati viene consegnata o arriverà dal ministero una comunicazione che fa scattare nove mesi di tempo per rifiutare e tenersi il TFR. In un’ottica di sicurezza e trasparenza questa è la scelta da fare, senza nessuna riserva e nessuna esitazione.
Modesto correttivo parziale rispetto al silenzio-assenso del settore privato è un mese di tempo concesso a chi finisce nel fondo Espero senza averlo scelto, per recedere e salvarsi. È invece una presa in giro il comparto “garantito” di Espero, previsto per chi vi finisce perché intrappolato e non per esplicita scelta. Le garanzie sono di cartapesta, in quanto solo nominali e non in potere d’acquisto. Anche le pensioni integrative poi non contengono nessun meccanismo di difesa contro l’inflazione, previsto invece per le pensioni pubbliche.
Beppe Scienza