Articolo sul Fatto Quotidiano del 28-5-2018 pag. 22
Gestione professionale del risparmio. Bello, vero? Ci sono quei poveri dilettanti dei risparmiatori, le persone normali che impiegano quanto riescono a mettere da parte. E poi i professionisti, i money manager, i private banker ecc., come sono soliti presentarsi per darsi delle arie con gli interlocutori.
Ma cosa è in concreto questa gestione professionale? Lo vediamo esaminando ad esempio AcomeA Breve Termine, che non si può certo definire un fondo-nano con un patrimonio sui 550 milioni di euro. Vediamo come sono impiegati non da un solo gestore, bensì da due: Alberto Foà a Marco Sozzi. Meglio così, quattro occhi dovrebbero vedere meglio di due.
Dai dati di Morningstar risulta che i titoli in portafoglio sono solo 46, un numero che già fa cadere le braccia per un mastodonte di tali dimensioni. Viene da ridere, ma ho io più titoli di Stato e prestiti societari nel mio giardinetto obbligazionario, benché (lo confesso) di dimensioni enormemente inferiori.
Ma non basta: i primi cinque titoli costituiscono il 42% del patrimonio, cioè una bella fetta del totale. E non è finita, perché addirittura il 17%, ovvero un sesto del fondo, è in un solo titolo, per giunta della Grecia. Lo riporta concordemente tanto Morningstar quanto Bloomberg. Anche qui AcomeA Breve Termine mi batte: in nessun singolo titolo e più in generale su nessun singolo emittente ho concentrato una quota così alta dei miei risparmi. Sarà che quando uno ragiona sui soldi propri, e non altrui, ha comportamenti e criteri diversi. Magari più prudenti.
Escludiamo comunque che ai gestori manchi il tempo per occuparsi del fondo, perché costretti ad arrabattarsi qua e là con secondi lavori, per riuscire a sbarcare il lunario. Dalla massa gestita e quindi di fatto dai soldi dei clienti tirano fuori grosso modo tre milioni di euro l’anno. Semplificando un po’ le cose, è lo stipendio per il loro lavoro. Infatti quella che i prospetti chiamano commissione di gestione dovrebbe essere appunto il compenso del lavoro del gestore. Se poi la società di gestione ne rigira una gran parte a venditori allo sportello o porta a porta, sono fatti suoi.
Ma non è finita, perché un 45% del patrimonio del fondo è in liquidità. Non hanno nulla da obiettare i clienti che pagano lo 0,6% l’anno anche sulle somme depositate su conti correnti o simili? Eppure corrisponde esattamente alla misura del prelievo sui conti correnti del governo Amato (1992), accolto e ricordato con così tanta indignazione. Con la differenza che allora fu solo una tantum.
Beppe Scienza