Il risparmio tradito ® a cura di Beppe Scienza
Perché evitare risparmio gestito e previdenza integrativa

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Perché evitare risparmio gestito e previdenza integrativa

Il risparmio tradito ®

Dalla Germania molto da imparare, a dispetto dei sentimenti antitedeschi fomentati da politici e giornalisti

Pubblicato venerdì 7 giugno 2013

Intervento di Beppe Scienza, intervistato da Valerio Valentini. Sul sito www.byoblu.com.

In Italia allignano sentimenti antitedeschi, fomentati dai politici e dai giornalisti. È comprensibile che ai politici italiani quelli tedeschi non piacciano, dal momento che nel Parlamento tedesco non c’è un solo inquisito, un solo indagato, un solo condannato: è certamente gente antipatica.

E anche ai giornalisti italiani si capisce che non possano piacere quelli tedeschi: se guardiamo Der Spiegel, c’è un mare di giornalisti, tutti pronti a cercare le notizie, a informare i lettori, anziché dedicarsi a fare i favori a questo o a quell’amico, insomma a fare marchette. È naturale che il giornalismo tedesco, quello di alto livello soprattutto, sia inviso a quello italiano. Quindi si capisce perché vengano fomentati sentimenti antitedeschi.

Però, pensando invece ai cittadini, e non ai potenti, ci sono delle cose che, soprattutto nel campo di cui mi occupo – risparmio, previdenza e anche fisco –molti Italiani meriterebbero di sapere, mentre non vengono dette chiaramente.

Incominciamo con una. In Italia, le lire non valgono più niente, innanzitutto perché era previsto che dopo dieci anni sarebbero andate in prescrizione, e in secondo luogo perché con una grande manovra politica degna di un Roosevelt, Monti anticipò la prescrizione, di punto in bianco nel novembre 2011 con la manovra “Salva Italia”, anziché lasciarle scadere, dopo circa due mesi, alla fine di febbraio 2012. Grande mossa geniale, grande politico, grande economista, bocconiano, certo. Il problema era registrare a bilancio, togliere quella posta passiva nel 2011 e non 2012, perché tanto dopo due mesi-tre mesi, le banconote sarebbero scadute comunque. Ora, questo è capitato in Italia.

In Germania è molto diverso. In Germania la Bundesbank, la banca centrale, ha sempre cambiato le banconote da essa emesse, e ancora quelle emesse nel ’48 dalla Bank Deutscher Länder, che l’ha preceduta; le banconote in marchi non scadranno mai, saran sempre convertibili in euro. E lo stesso vale – leggiamo nel sito della Bundesbank – per il Belgio, l’Irlanda, per l’Austria, addirittura per l’Estonia. Perché mai uno Stato dovrebbero non riconoscere e non cambiare le sue monete? Si vuole forse colpire la criminalità organizzata? Be’, la criminalità organizzata, essendo organizzata, in Italia ha avuto tempo, dall’inizio del 2002 all’autunno del 2011, per cambiare le banconote in contanti. Quindi non è per quello. Si colpiscono dei poveracci, dei distratti, dei pasticcioni insomma, gente con problemi di lucidità; qualcuno che magari pensava “Me le tengo fino all’ultimo momento e le vado a cambiare a fine febbraio 2012”. No, tie’, fregato! Quindi 1 a 0 in favore della Germania (per i risparmiatori).

Passiamo ai consumatori. La Banca Centrale Tedesca ritiene una cosa che sembrerebbe logica, che il contante e la moneta elettronica vadano di pari passo. Cioè, uno usa quello che vuole: è libero di scegliere. Tant’è che la Banca Centrale Tedesca ha addirittura organizzato un convegno, il Bargeldsymposium, di cui ho riferito nel blog di Beppe Grillo , un convegno del 10 ottobre del 2012, sul contante. Un convegno dove studiosi della Banca Centrale e di atenei tedeschi hanno spiegato quali erano i vantaggi del contante.

Per esempio, un vantaggio innegabile del contante è che dà il senso della spesa. Cioè, se una preleva 300, 400 euro una volta, li spende e poi ne ripreleva altri, si rende conto di quanto spende. Non altrettanto bene si rende conto uno che paga 10, 30 euro, 40, 50, una volta con la carta di credito, una volta col bancomat eccetera. Altri vantaggi del contante sono l’immediatezza e il funzionamento sicuro: si paga anche se manca la corrente elettrica, che collega l’apparecchio alla rete telefonica; e soprattutto si paga in modo anonimo. Ecco, magari anche se uno non è un mafioso, anzi proprio se non è mafioso, non ha piacere che si sappia di tutte le spese che ha fatto, che la banca o CartaSì abbia l’elenco di quanto ha speso, quello che ha comprato, quando, come, con che frequenza, a che ora eccetera. Ecco, la riservatezza, per importi piccoli. Poi in Italia col contante ormai si può pagare solo sotto i mille euro: non si comprano i Cézanne, non si comprano i diamanti coi contanti, si fanno spese normali, quotidiane. Lo sanno quelli che pochi mesi fa non riuscivano a entrare nei Musei Vaticani, perché era bloccato il sistema di pagamento con bancomat e carte di credito. Addirittura un dirigente della Banca d’Italia, Carlo Pisanti, ha riconosciuto in un convegno che il vantaggio del contante è che dà il senso della spesa.

In Italia invece la banca centrale si dà da fare per collaborare alla cosiddetta – bel termine inglese! – War-on-Cash, la guerra al contante, dove l’ABI, l’associazione bancaria italiana, viene a dire che è una lotta di civiltà (termini che magari andrebbero usati a proposito, non così da sbruffoni). Ora, non è una lotta di civiltà, la guerra al contante, è un interesse delle banche, che vogliono avere tutti i soldi sui conti correnti, quindi a interessi circa zero, e lucrare su commissioni varie a carico del consumatore o del commerciante. E quindi direttamente a carico del consumatore, perché gli verranno rigirate addosso. Ecco quindi anche qui, anche sul contante, alla Banca Centrale Tedesca e alla Germania, va un altro punto. E quindi siamo 2-0 a favore della Germania.

Al che uno potrebbe pensare che i Tedeschi con questo difendono gli evasori, fanno vita facile agli evasori, perché si dice in Italia – è una tesi che ha qualche fondamento, ma molto limitato – che la lotta al contante serve a debellare l’evasione fiscale, ma su questo si è già proceduto ottenuta abbassando moltissimo la soglia massima di pagamento con denaro liquido. Ora non si può proprio dire che in Germania ci sia un atteggiamento di connivenza, di tolleranza, di simpatia o di incuria nei confronti degli evasori fiscali. Anzi è esattamente il contrario.

E questo è il 3° caso, il 3° punto: il caso dei conti clandestini in Svizzera, o comunque all’estero, ma soprattutto in Svizzera, visto che sia l’Italia che la Germania confinano con la Svizzera; e la Svizzera è stata per decenni il luogo dove si arrivava con la valigetta in contanti e si versava nella banca svizzera, dando il proprio nome, ma con un conto cifrato – e poi il problema non è il conto cifrato, il problema è che la Svizzera per decenni non ha fornito informazioni al fisco estero. Ebbene, su questo ci sono state due impostazioni: una è l’impostazione dell’Austria e della Gran Bretagna, che han fatto un accordo con la Svizzera, siglato e ratificato per la fine dell’anno scorso (2012). Con l’accordo, chi aveva un conto clandestino pagava una tassa, una sanzione, dal 20 al 40% circa, e poteva tenerlo lì: una sorta di scudo fiscale, ma molto più oneroso, che prevede che la Svizzera si impegni, nei confronti del Regno Unito e nei confronti dell’Austria, a non accettare più soldi sul nero dai suoi cittadini. Sono accordi molto complicati, tanto che sono stati chiamati Rubik, in ricordo del cubo di Rubik, complicatissimo gioco di molti anni fa. E però - ripeto – Regno Unito e Austria li hanno siglati, e in effetti l’Italia ha trattato per mesi, anni, senza poi fare nulla.

Poi c’è il sistema tedesco, che in Italia conoscono pochissimi, perché pochissimi ne parlano e addirittura certi giornalisti negano di sapere che ci sia, quando è documentato da centinaia di articoli sulla stampa tedesca, interrogazioni parlamentari, commenti vari ecc. È insomma fuori discussione che la Germania, e in particolare i Länder (le regioni) con maggioranza socialdemocratica e verde, applichino questo metodo da alcuni anni, che consiste nel corrompere – sì, proprio corrompere – impiegati di banca svizzeri e comprare a caro ma congruo prezzo, elenchi di conti clandestini nelle banche svizzere. Questi dati vengono poi elaborati dal fisco tedesco, che convoca gli interessati. Sul piano giuridico studiosi di diritto tedeschi hanno stabilito che questo comportamento da parte dello stato è lecito. Con la conseguenza che, anche se qualche cd – e in un caso fu così – è stato pagato 5 milioni di euro, poi dopo, recuperando le imposte con tutte le sanzioni, le imposte per tutte le autodenunce – perché la gente a quel punto è preoccupata, e molti vanno ad autodenunciarsi temendo di essere identificati – c’è stato un guadagno per il fisco tedesco, o meglio per quei Länder (quelle regioni) che usano questo sistema, molto di più di quanto hanno pagato. Quindi siamo totalmente in attivo.

Ecco, in Italia questa ipotesi non è stata neanche presa in considerazione. Mai nessun politico ne ha parlato. Addirittura mi ricordo una vicenda interessante, che merita di essere riferita. Ero intervistato da Radio Anch’io, di Radio1, cioè della Rai, il 9 gennaio 2013. Ero intervistato in quanto collaboratore del blog di Beppe Grillo, e mi si chiese il mio parere su fatti fiscali. E io feci notare che questa via qui, che la Germania percorreva – e fra l’altro continua a percorrere – poteva far arrivare soldi nelle casse italiane, dello Stato italiano. Teniamo conto che in uno studio della Banca d’Italia, precisamente Questioni di Economia e Finanza n. 97, si stima, con una metodologia valida (anche se, certo, son delle stime) che siano tra i 164 e i 194 miliardi i soldi clandestini italiani all’estero, in gran parte in Svizzera, data la vicinanza, ovviamente, e data anche la lingua del Canton Ticino. E feci anche notare che un accordo con la Svizzera permetteva di ottenere comunque delle entrate. E anche l’altra forma, quella di comprare gli elenchi di evasori, era da prendere in considerazione, se non altro. Ebbene, mi sentii dire, da Ruggero Po, che conduceva la trasmissione, e da quello che era stato chiamato come esperto, Fabrizio Forquet, uno dei vicedirettori del Sole 24 Ore, che di questo loro non sapevano assolutamente nulla; salvo, forse, un caso, una certa lista Falciani, che era finita sulle prime pagine dei giornali italiani, e quindi non si poteva negare che ci fosse. Questo è il livello del giornalismo italiano: poi ci si lamenta se gli Italiani non comprano giornali. E certo che non comprano giornali.

Oltretutto, questo Fabrizio Forquet evidentemente è come Ruby Rubacuori, soffre di amnesia, perché nel suo giornale stesso, il bollettino della Confindustria, di cui è vicedirettore, un po’ di notizie erano comunque uscite su questa attività dei tedeschi per stanare i soldi dei loro cittadini clandestinamente in Svizzera.

Già, i tedeschi… mi viene in mente un dettaglio d’attualità e lo dico: pochi giorni fa – è un fatto politico, storico – in Germania il Partito Social-Democratico, la SPD, ha festeggiato i 150 anni di storia. Ora, in Italia si trova a stento un partito, di quelli attualmente esistenti, che abbia 20 anni: forse la Lega Nord, non so. Comunque sicuramente nessun partito risale a 25 anni fa. Ma 150 anni sono tutt’altra cosa. Insomma la situazione in Germania è molto diversa, e molte volte in positivo, tralasciando il fatto che i cinquantacinquenni che perdono un lavoro trovano lavoro, e tante altre cose così.

Soprattutto quello che è fuori luogo sono le caricature in cui si vede Angela Merkel con i baffetti alla Hitler. Faccio notare che il Terzo Reich è finito nel 1945 e dal 1948 c’è la Repubblica Federale di Germania, non più il Terzo Reich. E in tema di democrazia, di difesa dei diritti dei cittadini e di stato sociale, l’Italia ha certamente poco da insegnare alla Germania.


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