Articolo sul Fatto Quotidiano del 29-5-2017 a pag. 18
Il sindacato dei metalmeccanici Fim-Cisl sta distribuendo a tappeto un volantino (vedi allegato) che riprende una trovata pubblicitaria dei venditori di fondi pensione. Il confronto fra due ipotetici gemelli nella stessa azienda, con la stessa paga ecc., uno iscritto alla previdenza integrativa e l’altro no.
Sbandiera così che un aderente al fondo negoziale Cometa oggi avrebbe 42 migliaia di euro da parte e il suo gemello rimasto col TFR solo 31,8. Ciò può spingere non pochi lavoratori a legarsi le mani e trasferire il proprio TFR irrevocabilmente al fondo pensione. Benché la materia sia tecnica, merita approfondire e in particolare smontare quel confronto, diffuso da vari soggetti, non solo sindacali.
Per cominciare esso appare realizzato alla carlona, a dispetto della solita precisione di facciata alla seconda cifra decimale, cioè al centesimo di euro. È per esempio inaccettabile supporre che i risparmi investiti in proprio dal lavoratore in 18 anni non abbiano reso il becco di un quattrino.
Tutto fa pensare che, correggendo gli errori metodologici, lo sbandierato vantaggio per il gemello in Cometa risulterebbe molto ridimensionato. Ma oltre a questo, c’è ben altro.
1. Il TFR è immediatamente liquido, se si interrompe lo specifico rapporto di lavoro. Invece per Cometa abbiamo solo un valore contabile a una certa data.
2. Le quote del fondo possono scendere precipitosamente con un crollo dei mercati finanziari, il TFR no.
3. Il TFR accantonato, prezzato in termini finanziari ai tassi attuali, dovrebbe essere valutato anche un 15-20% in più del suo valore contabile.
4. Il risultati del fondo pensione nei 18 anni passati sono frutto di una discesa dei tassi d’interesse irripetibile.
5. Il contributo dell’azienda è garantito solo per quattro anni, dopo può ridursi o finire. Il vantaggio sbandierato è quindi, in misura non irrilevante, fumo negli occhi. C’è però di peggio nella comunicazione della Fim-Cisl ai lavoratori. In spregio della lingua e della Costituzione italiane, essa afferma di ritenere “la previdenza complementare lo strumento principale per costruire una pensione dignitosa”. Ma allora dovrebbe chiamare complementare non quella di Cometa, ma la pensione pubblica dell’Inps. E dovrebbe attivarsi per l’abrogazione del quarto comma dell’art. 38 della carta costituzionale, che prescrive che a “prevedere ed assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di […] vecchiaia” siano “organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato”. Non soggetti privati sindacal-padronali.
Beppe Scienza