Articolo su Il Fatto Quotidiano del 30-10-2017 a pag. 18
Se inizio col dire che Mediobanca pubblica dati spaventosi sul risparmio gestito, un lettore assiduo commenterà: "Ma lo ha già detto". Invece no, perché non provengono dal suo ufficio studi, bensì da Mediobanca Securities, un'unità operativa che si rivolge agli investitori istituzionali; e recano la firma di Gian Luca Ferrari, anziché di Fulvio Coltorti, Gabriele Barbaresco o Matteo Pizzingrilli.
Ma sono ugualmente scandalosi i numeri pubblicati nella sua dettagliata analisi del 12-6-2017, purtroppo solo in inglese: "KIIDs don't lie" (vedi allegato), cioè non mentono i Kiid, che sono documenti informativi obbligatori per i fondi comuni.
L’approfondimento si concentra sul peso nel 2016 delle commissioni di incentivo o performance, che aggravano il salasso per i risparmiatori, in particolare per Azimut, Banca Generali e Mediolanum.
Così per esempio Azimut Japan Champion è andato in negativo (-1,5%) solo per il peso micidiale delle commissioni (4,2%). Per otto fondi di Banca Generali gli addebiti superano il 5%, portandone cinque in rosso o a rendimenti risibili. Mediolanum con BB European Collection SH riesce far perdere l’1,5% sottraendo un 4,2% ai clienti.
La commissione di incentivo, performance fee per gli anglofili, in apparenza è sensata. Premierebbe il gestore bravo. Di fatto funziona bene solo per gonfiare i guadagni di gestori e venditori, a puro danno dei clienti. Per questo il 14-4-2015 la Banca d’Italia impose alcuni limiti, in realtà ancora troppo laschi. Al che, veloci come lepri o meglio come sciacalli, alcune società spostarono subito la gestione in Irlanda e/o Lussemburgo, paesi specializzati nel permettere l’elusione d’imposta alle multinazionali e/o prelievi dalle tasche dei risparmiatori tramite clausole-capestro, che in patria sarebbero vietate.
Ferrari scrive che per 113 dei fondi esaminati, i costi fanno sì che “i clienti (cioè i risparmiatori) rigirano circa il 50% della loro performance ai gestori” e al riguardo “crediamo che gli investitori non siano al corrente di ciò, né del fatto che molti fondi addebitano commissioni di performance anche se i clienti perdono”.
Il messaggio che la ricerca vuole inviare agli investitori istituzionali, è che prima o poi le società “incriminate” ridurranno tali addebiti e quindi gli utili. Più immediate le indicazioni per i risparmiatori: fare di ogn’erba un fascio e smobilizzare subito qualunque fondo con commissioni di incentivo.
Beppe Scienza